COSENZA – Mano armata dalla disperazione. E’ questo il movente alla base del gesto di Luigi Preiti, il 46enne che stamattina ha fatto per
sette volte fuoco in piazza Colonna, ferendo due carabinieri e colpendo una donna, in stato interessante di striscio. Il “pistolero”, subito individuato, placcato, fermato e disarmato, dopo l’arresto è stato portato in caserma per essere interrogato. Lui, viso tirato, occhi lucidi, sguardo perso, non ha cercato alibi o giustificazioni. Ha spiegato che volevo sparare contro i politici, ritenendoli responsabili delle sue disgrazie. “Sono un uomo disperato. Volevo colpire loro, i politici, ma so che non ce l’avrei mai fatta”. Impossibilitato a colpire i suoi reali obiettivi, Preite avrebbe così deciso di puntare la pistola contro i carabinieri Giuseppe Giangrandi e Francesco Negri. Il gesto “di un uomo che non ha più nulla da perdere” e che davanti ai pm ha dato segni di pentimento: “Non volevo che finisse così”. Poi ha spiegato che voleva farla finita: “Volevo uccidermi, suicidarmi, ma avevo sparato tutti i colpi contro i carabinieri e per me non ne erano rimasti più”. La sparatoria è avvenuta mentre al Quirinale stava prestando giuramento il nuovo governo. Rispondendo alle domande degli inquirenti e dei magistrati Pierfilippo Laviani e Antonella Nespola, ha ammesso che “Ho pianificato ogni cosa venti giorni fa, ho studiato tutto a tavolino. Volevo fare un gesto eclatante in un giorno importante. La pistola l’avevo già comprata quattro anni fa al mercato nero ad Alessandria. Tutto era previsto, tutto. Non ce l’ho con nessuno – ha ripetuto ai pm – io non odio nessuno. Ho solo la disperazione di un lavoro perso, la separazione, essere a carico dei propri genitori a questa età”. La disperazione di non potere provvedere “a mia figlia”. L’interrogatorio precede quello di garanzia che si svolgerà martedì. Secondo quanto emerso nel corso dell’atto istruttorio, il gesto dunque non ha matrice politica né terroristica ma sarebbe maturato dalla situazione personale dell’uomo, separato e disoccupato. L’attentatore avrebbe fatto tutto da solo e non ci sarebbero complici. Davanti ai pm non avrebbe dato segni di squilibrio mentale. La Procura per ora è intenzionata a non chiedere una consulenza psichiatrica. “È un uomo disperato”, sottolineano i magistrati. “Sono partito sabato sera da Rosarno in treno – ha raccontato Preiti durante l’interrogatorio, durato circa un’ora e mezzo –, non lo sapeva nessuno». L’attentatore è andato a dormire in un albergo in centro e domenica mattina verso le 11.30, indossate giacca e cravatta, ha raggiunto Palazzo Chigi per compiere quello che ha definito «un gesto eclatante. Io volevo colpire i politici, ma sapevo che non avrei mai e poi mai potuto raggiungerli. Allora ho pensato al palazzo, a chi ci sta davanti”. Quando l’interrogatorio è finito, Preiti ha chiesto ai pm se avrebbe dovuto avvisare la famiglia. Ma ha cambiato idea quasi subito: “Ma no, tanto non importa a nessuno di me”.