COSENZA – In cerca di giustizia e verità, sorretto dalla fede. E’ questo lo stato d’animo di don Elio Perrone, parroco di Sartano, frazione di Torano,
alla ricerca di una verità certa sul decesso di sua sorella, Romilda, deceduta in circostanze misteriose all’Ospedale dell’Annunziata di Cosenza. Don Elio, sorretto dalla sua fede, non cerca colpevoli, ma solo perchè. Un perchè che si porta dentro da giorni. La storia di quest’ennesimo caso di presunta malasanità – ci viene raccontato dalla collega Katia Grosso, cronista attenta e puntuale, nonchè preziosa risorsa per la redazione di quicosenza – si consuma nel giorno di Pasquetta, un giorno di festa, bagnato dalle lacrime di dolore e disperazione. Romilda, di età avanzata, avvertì un forte dolore all’addome. Dolori lancinanti che non accennavano a diminuire. Il parroco, unitamente alla badante di sua madre e al figlio della donna, s’è subito attivato per prestare i primi soccorsi ala congiunta, telefonando al medico di famiglia. Il medico, visitando la paziente e sentendole l’addome, ha capito subito che quei dolori erano legati a qualcosa di serio. Due le possibili ipotesi diagnostiche: infarto intestinale o emorragia interna. Il medico, terminata la visita, ha consigliato a don Elio che non c’era tempo da perdere: sua sorella andava immediatamente accompagnata in ospedale per essere sottoposta a controlli più approfonditi. Caricara in auto, la signora Romilda, conosciuta da tutti e chiamata confidenzialmente Lina, è stata accompagnata d’urgenza all’Annunziata. Il pronto soccorso, come al solito e visto anche il giorno “speciale” di bagordi ed eccessi culinari ed enologici, era sul punto di esplodere. Pochi infermieri in corsia, medici super impegnati, sala d’aspetto piena come un negozio in tempo di saldi. Tra urla, lamenti e momenti di tensione, la signora Romilda e i suoi soccorritori erano lì, in attesa che qualcuno si degnasse di visitare la paziente, sempre più dolorante e rannicchiata su se stessa. Le sollecitazione degli accompagnatori dell’anziana, però, non hanno sortito l’effetto sperato. Anzi. Secondo gli stessi, la paziente ad un certo punto è stata fatta scendere dalla carrozzella, che serviva per gestire un’altra emergenza di soccorso, e fatta accomodare su una panchina. Il tempo, nel frattempo, passava inesorabilmente e dall’arrivo della paziente al pronto soccorso, le lancette dell’orologio avevano percorso quasi due ore di corsa. Ad un tratto, i dolori sono diventatri più forti, così come l’anziana, ha cominciato ad avvertire freddo, accompagnato da difficoltà respiratorie, sudorazione, polso debole, battito cardiaco flebile. Uno stato di sofferenza che s’è agravato con la perdita di sensi. A questo punto, i soccorritori della signora Lina, hanno cominciato ad alzare la voce, chiedendo rispetto per la sofferenza dell’anziana e invocando dignità per la paziente. L’anziana, immediatamente presa in consegna dai medici, è stata trasportata nella sala Tac. Ma, proprio mentre, la stavano preparando per l’esame, il cuore di Lina s’è fermato. Tutti i tentativi di rianimarla sono stati inutili. Ai medici non è rimasto altro che constatare il decesso e stilare il freddo referto di morte. Quando agli accompagnatori della donna è stato comunicato il decesso, la reazione di questi ultimi è stata comprensibilmente veemente. Don Elio, informato dell’accaduto, ha pianto a dirotto. Sua sorella Romilda per lui era tutto, era – scrive in una lettera – “l’unico sostegno della mia vita e ora mi sento solo e abbandonato”.
LA LETTERA – Il testo integrale della missiva che don Elio, ha scritto di suo pugno, per chiedere la verità sul decesso di sua sorella, nonchè per denunciare pubblicamente l’ennesimo caso di malasanità, è stata pubblicata dal Quotidiano della Calabria, in un articolo a firma del collega Roberto Galasso. La lettera è indirizzata al presidente Scopelliti, nella sua veste di commissario ad acta della Sanità. “Attendo da Lei, un segnale, una risposta che mi aiuti a capire cos’è successo e perchè. Affinchè, ciò che è accaduto a noi, non avvenga ad altre persone, non mi deluda. Questa è malasanità. Comprendo – scrive ancora il parroco – la scarsità del personale – che non si spiega perchè dev’essere scarso. Se almeno un’ora prima qualche medico avesse soccorso mia sorella, ora non sarebbe morta. L’hanno fatta morire come un cane, senza avere alcuna pietà di lei. I miei nipoti volevano sporgere denuncia, ma li ho sconsigliati, per evitare, in tal caso, la probabile riesumazione della salma. Mi rivolgo a lei, mi rivolgo alla politica, mi rivolgo alle Istituzioni, per dire in quale terribile situazione si trova il pronto soccorso dell’Annunziata. Le gente – continua don Elio – va in ospedale per essere guarita, per essere salvata ed invece per l’incuria e la mancanza di soccorsi vi trova la morte. Tra l’altro – continua il parroco – mi duole dirlo, ma regna anche l’arroganza e la scortesia del personale verso i familiari dei malati. A Dio si drovrà rendere conto delle vite che si spengono, per colpe altrui”. Già. Che Dio li perdoni.