COSENZA – Continua il processo Confidi.
Sono state oggi rigettate le richieste di non luogo a procedere inoltrate dalla difesa degli imputati Giuseppe Carotenuto, Giovanni Falanga e Gianfranco Vecchione. Il caso non sarà archiviato, per ora. Anzi. Il pm Paola Izzo ha dichiarato nel corso dell’udienza di ritenere esatti tutti i capi d’imputazione a carico degli indagati confermando l’accusa per i reati di associazione a delinquente, truffa e peculato nell’ambito dell’erogazione dei fondi antiusura a favore di imprese in particolari difficoltà economiche. “Il perno della questione – ha spiegato la pm Izzo – sono le lettere di rigetto di richieste di finanziamento false sottoscritte a nome di Intesa San Paolo e Banco di Napoli. Lettere che rendono infondata la documentazione trasmessa al Ministero delle Finanze e dell’Economia disconosciute durante l’interrogatorio anche da un dipendente del Banco di Napoli. In più gli ingenti importi versati a favore di Giuseppe Carotenuto fanno pensare a commissioni anomale e non dovute”. Il commercialista ex coordinatore dell’Italia dei Valori Giovanni Falanga dissente e chiedendo la parola al giudice rende le proprie dichiarazioni spontanee. “Non compaio mai in nessun documento della Procura, – tuona Falanga – che ci faccio qui? Non sono un delinquente! Sono stato citato solo per l’andamento anomalo della Finlabor che presiedo, ma io sono stato sempre onesto e ligio al dovere. Di lettere false io non ne ho mai viste. Poi le commissioni di garanzia esistono nei Confidi di tutta Italia, si tratta di un rimborso spese aleatorio, che può variare e nulla ne vieta l’applicazione”.
La difesa di Carotenuto ci tiene a precisare l’iter dell’erogazione dei fondi antiusura: “la parte interessata consegna la documentazione all’associazione che insieme al Ministero funge da garante con le banche. Sono le banche a sborsare il denaro e accreditarlo sui conti correnti degli imprenditori che ne fanno richiesta, il ministero non spende nulla non vedo come potrebbe essere parte lesa. Non c’è un danno patrimoniale quindi non c’è truffa. Le commissioni poi le applicano tutti i Confidi d’Italia, sarebbe un caso unico un processo a Cosenza per i rimborsi. La quota sociale è chiesta per associarsi perchè si tratta di una cooperativa. E’ normale che vi sia, viene versata da tutti. Associazione, truffa, peculato, ma se Carotenuto non ha intascato neanche un euro! Tutto transitava sui conti della Confidi”. Anche l’avvocato Locco mette in discussione l’impianto accusatorio: “L’indagine nasce da una mail, manca il luogo e la data della commissione del fatto, non c’è nessuna denuncia, il Ministero non ha subito danni, le presunte vittime non sono state danneggiate anzi hanno beneficiato dei finanziamenti. E’ un processo inutile”. Un processo che mischia le carte in tavola, una sorta di complotto secondo la teoria dell‘avvocato difensore di Falanga che parla di “pesca al novellame”. “Quest’inchiesta – afferma la difesa del commercialista – è un po’ come la pesca a strascico, sono state arrestate ed inquisite un tot di persone per confondere le acque visto che manca ogni riferimento ai gravi capi d’imputazione”. Pesci innocui di un sistema di corruttele più ampio? Non è dato sapere. Sarà la magistratura a decretarlo.
