Appalti Expo Milano pilotati dal carcere di via Popilia dal clan Mancuso

”Un lavoro da 40 milioni di euro nell’Expo, a Melegnano. Io ho già parlato, tutte cose”.

 

MILANO – Poche parole intercettate nel carcere di Cosenza nel Giugno 2013 ed inserite nella voluminosa informativa sul boss Giuseppe Galati dal procuratore aggiunto del Tribunale di Milano Ilda Boccassini. Un’integrazione che il magistrato, noto per aver indagato su Ruby Rubacuori nel processo che vedeva imputato l’ex premier Silvio Berlusconi, ritiene utile inserire negli atti relativi all’operazione Quadrifoglio che portò all’arresto di 14 persone affiliate a ‘ndrine operanti in Lombardia. Le intercettazioni captate nel penitenziario bruzio che portano la Boccassini ad ipotizzare il ruolo della cosca Mancuso di Limbadi negli appalti dell’Expo di Milano riguardano la gestione di un’impresa di costruzioni: Edilscavi di Gaetano Mangialavori e Domenica Montele. I due sono cognati di Giuseppe Galati all’epoca detenuto nella casa circondariale Cosmai da dove pare gestisse in maniera occulta la società.

 

Il sodalizio criminale, composto da una parte dalla famiglia Galati (‘filiale’ settentrionale del clan Mancuso di Limbadi) dall’altra dal locale di ‘ndrangheta comasco facente capo a Salvatore Muscatello, sarebbe riuscito ad accaparrarsi parte dei lavori dell’Expo. In particolare, da quanto accertato dalla magistratura, la ditta direttamente collegata a Galati e da lui gestita da dietro le sbarre a Cosenza avrebbe ottenuto in subappalto i lavori per la costruzione della tangenziale est esterna di Milano, opera nevralgica per l’esposizione fieristica. Quattrocentocinquantamila euro la cifra accertata dagli inquirenti relativa ai subappalti ottenuti dalla cosca anche se nel carcere di Cosenza Mangialavori e Galati parlano di lavori dieci volte più redditizi. Galati infatti parlò di ”un lavoro da 40 milioni di euro nell’Expo”, ma attraverso la documentazione relativa alla Edilscavi, che si aggiudicò i subappalti affidatigli dalla Teem, la commessa assegnata ai suoi cognati non supera i 500mila euro. Anche se, come affermato dai magistrati, in diversi passaggi della conversazione captata a via Popilia la Edilscavi era già presente all’interno del cantiere dello svincolo Segrate Milano sin dalla sua apertura.

 

Fu la stessa Boccassini ad affermare, dopo gli arresti dell’Ottobre 2014 nell’ambito dell’operazione Quadrifoglio, come il potere di Muscatello e la sua capacità d’infiltrazione nei grandi appalti pubblici erano rimasti immutati negli anni; sin dal suo arresto del 2003. Per oltre dieci anni le ‘ndrine capaci di intrattenere relazioni nel mondo politico (l’ex consigliere comunale di Rho è il nipote di Pantaleone Mancuso), istituzionale, imprenditoriale e bancario hanno continuato a pilotare diversi appalti in Lombardia sino alle grandi opere dell’Expo. Ieri i pm milanesi hanno chiesto ben 137 anni di carcere per i 14 arrestati dall’antimafia meneghina nel corso dell’operazione Quadrifoglio che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. L’unica richiesta di assoluzione riguarda l’architetto Francesco Barone, quarantaduenne del Vibonese. Di seguito, le condanne richieste dai pm Paolo Storari e Francesca Celle su cui si dovrà pronunciare il Tribunale di Milano:

 

– Fortunato Galati 18 anni e 8 mesi di reclusione;

– Antonio Galati 17 anni e 4 mesi di reclusione;

– Giuseppe Galati 9 anni e 8 mesi di reclusione;

– Pino Galati 9 anni e 4 mesi di reclusione;

– Antonio Denami 15 anni di reclusione;

– Saverio Sorrentino 10 anni di reclusione;

– Fortunato Bartone 8 anni e 8 mesi di reclusione;

– Luigi Calogero Addisi 8 anni di reclusione;

– Matteo Rombolà 9 anni e 4 mesi di reclusione;

– Luigi Vellone 8 anni e 9 mesi di reclusione;

– Franco Monzini 8 anni di reclusione;

– Alberto Pititto 6 anni e 8 mesi di reclusione;

– Petra Stalinova 3 anni e 10 mesi di reclusione (compagna di Giuseppe Galati).

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