I cento milioni di euro confiscati dopo l’accusa di usura saranno restituiti a Pietro Citrigno

Esclusa l’aggravante mafiosa, l’imprenditore resta ai domiciliari. Su di lui pendono ancora le indagini dei casi Bozzo, Emiliana Tessile e Calabria Ora.

 

CATANZARO – Pietro Citrigno non avrebbe avuto alcun rapporto con la criminalità organizzata. Questa la motivazione con la quale la Corte d’Appello di Catanzaro ha revocato ieri la confisca dei beni disposta dal Tribunale di Cosenza sui beni di proprietà dell’ex editore di Calabria Ora. Un anno fa la direzione distrettuale antimafia di Catanzaro aveva apposto i sigilli a ben cento milioni di euro di patrimonio mobile e immobile della famiglia Citrigno. In quell’occasione ad essere ‘congelati’ furono appartamenti, quote societarie e cliniche. Nello specifico i sequestri dettati per ottemperare al codice antimafia interessarono trentasette fabbricati, cinque terreni, la società di costruzioni Edera; la Meridiana operante nel settore dell’edilizia e gestione sanitaria ed alberghiera; la Riace anche questa vocata alla costruzione di strutture ricettive, ospedaliere e assistenziali. Di queste aziende, ritenute inizialmente dalla direzione investigativa antimafia frutto dell’attività di usura posta in essere dall’imprenditore cosentino, la Riace srl gestiva le cliniche Villa Gioiosa di Montalto Uffugo e Villa Adelchi a Longobardi anche queste poste sotto sequestro.

 

Dopo la condanna per usura a quattro anni e otto mesi di detenzione che Citrigno sta ancora scontando agli arresti domiciliari fu ‘congelato’ anche il 23%  del capitale sociale dell’azienda Monachelle società anche questa dedita alla costruzione di strutture sanitarie nonché il 25% del capitale sociale della San Francesco azienda operante nell’ambito della gestione di strutture assistenziali per anziani. Per diversi anni i redditi dichiarati dalla famiglia Citrigno furono pari a zero per poi non superare mai, a partire dalla metà degli anni ’80, i trentamila euro. I beni detenuti da Citrigno però secondo la Corte d’Appello di Catanzaro, che ribalta così la sentenza del processo Twister, non sarebbero da ricondurre ad attività illecite. E’ stata inoltre esclusa l’aggravante mafiosa e ritenuti non credibili i racconti di Franco Pino che facevano luce sui rapporti tra il business della famiglia Citrigno e le ‘ndrine bruzie.

 

Date le particolari condizioni di salute, accuratamente certificate in apposite perizie, il patron sessantaduenne che godeva di una pressante influenza sull’economia cosentina non sarà più tradotto in carcere, ma continuerà a scontare la pena all’interno della propria abitazione. Una detenzione definita dal procuratore Airoma una “dormizione domiciliare, visto che Citrigno fino a poco tempo fa a casa andava solo per dormire”. Su Pietro Citrigno, si ricorda, pendono ancora i processi relativi alla morte del giornalista Alessandro Bozzo in cui risulta indagato per violenza privata, il procedimento per una presunta estorsione che gli avrebbe permesso di acquisire l’Emiliana Tessile di Cetraro a soli 850mila euro anzichè 20 milioni di euro ed il caso di bancarotta fraudolenta legato al fallimento di Calabria Ora (secondo l’accusa causato dalla distrazione di fondi dai bilanci del quotidiano) di cui ieri pare sia stato deciso il rinvio a giudizio.

 

 

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