Dalle carte dell’inchiesta, durata due anni e non ancora conclusa, emerge come sia stata sistematica la falsificazione dei bilanci dal 2015 al 2017 per coprire i buchi dell’Asp senza che nessuno controllasse. Gli incarichi dirigenziali affidati in maniera illegittima con procedure a dir poco “clientelari” e spesso cuciti su misura. Persino dipendenti posti illegittimamente in aspettativa e indebiti guadagni
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COSENZA – Sono in tutto 19 persone indagate nell’operazione “Sistema Cosenza“, eseguita oggi dalla guardia di finanza che sta cercando (l’indagine è solo all’inizio) di far luce sulle anomalie nei conti e nella gestione della più grande Asp della Calabria, dove è emerso un dato chiaro: se da una parte si era creato un vero e proprio sistema del malaffare a più livelli, come gli stessi indagati hanno fatto emergere dalle decine di pagine di intercettazioni, che si è stratificato e consolidato nel corso degli anni, è emerso anche che tutto è stato aggravato da una vera e propria inefficacia e inefficienza da parte di chi doveva controllare. Per edulcorare il già sostanzioso “buco” nel bilancio dell’Azienda cosentina, il management, secondo l’accusa, avrebbe, ad esempio, omesso di riportate in bilancio le cifre del contenzioso legale che, da solo, ammonta ad oltre mezzo miliardo di euro spariti nel nulla. Bilanci approvati nonostante ad esempio il parere negativo del collegio sindacale che metteva in risalto la voragine economica e una crisi iniziata nel 2012. Tra gli indagati anche l’ex commissario ad acta per il piano di rientro dal debito sanitario Saverio Cotticelli. Secondo gli inquirenti non avrebbe adottato tutti i provvedimenti necessari dopo il parere negativo proprio del collegio sindacale sul bilancio d’esercizio 2017, procedendo all’approvazione e al nulla osta al bilancio pur in presenza di una bocciatura.
Per non parlare del “modus operandi” nell’adottare delibere per l’assegnazione degli incarichi apicali, con tutta una serie di procedure di selezione cucite su misura, alcune volte anche “ad personam” a discapito di persone che avevano tutti i requisiti e le competenze che si sono viste scavalcate. La procura, nell’evidenziare le gravissime anomalie, parla a chiare lettere di “asservimento di ciascuno dei passaggi procedurali” per consentire le assunzioni aggirando le normative vigenti. Dall’inchiesta non mancano neanche le velate, o forse non proprio velate, minacce: “se la mia posizione non viene tutelata, poi dovrò attaccare gli altri”, “sappi che se cambia la legge, al 31 dicembre, e tu mi fai qualche guaio, lo sai che io poi mi devo tutelare anche nei tuoi confronti, dico, sì?”.
Incarichi con procedure illegittimi a discapito degli “aventi diritto”
Nel corso dell’operazione i finanzieri hanno ricostruito come le assegnazioni di importanti incarichi dirigenziali, dissimulate sotto forma di procedure rispettose dei principi di legalità e trasparenza, siano in realtà avvenute in violazione dei più elementari principi normativi in materia. I casi più eclatanti hanno riguardato la formulazione di delibere di assunzione nelle quali i requisiti di partecipazione venivano predeterminati in funzione dei titoli e dei curricula degli aspiranti, in un’ottica marcatamente clientelare. In particolare sono stati evidenziati una serie di reati di falso (documentale ed ideologico) e di abusi d’ufficio per l’attribuzione di incarichi di responsabilità all’interno dell’Azienda, in violazione della specifica normativa di settore. Non mancano nemmeno gli annullamenti di delibere già firmate per non allarmare i sindacati. “l’hai cancellata quella delibera?…. Cancellala perché non voglio casini”.
Vere e proprie battaglie per avere promozioni
Emergono vere e proprie pressioni sulla direzione aziendale per ottenere falsamente (ed illegittimamente) l’agognato transito a ruolo dirigenziale nell’Asp i Cosenza ricoperti da un amministrativo invece che da un medico . Nelle tante telefonate, spesso effettuate via WhatsApp, nella speranza, forse, di non essere intercettati, si parla di vere e proprie battaglie per avere promozioni, pur con piena coscienza di commettere un reato e di non avere nemmeno i requisiti “come faccio a fare le mansioni superiori per ricoprire il ruolo di un medico che io sono avvocato”. Si parla dei concorsi, evidentemente non cristallini nel loro svolgimento: “fanno i concorsi e si sistemano i loro“.
Ad esempio l’illegittima attribuzione all’incarico di Responsabile dell’U.O.S.D. “Risk Managment-Governo clinico” con la delibera del gennaio 2019 che, spiegano le carte dell’inchiesta, presenta molteplici profili di violazione di legge a cominciare dai requisiti dell’avviso di selezione a finire all’operato della commissione esaminatrice, viziato da molte irregolarità e ritenuta illegittima. Gli investigatori mettono sotto la lente l’annullamento e la presentazione di due nuovi avvisi di selezione da parte dell’ex DG Raffaele Mauro che, pur avendo ad oggetto la medesima tipologia di incarico, contengono riferimenti normativi differenti, che permettono in sostanza di bypassare i criteri da osservare per la valutazione. Per quanto invece riguarda la commissione, questa è formata da figure professionali che nulla hanno a che vedere con il Dipartimento di afferenza della persona oggetto dell’incarico e, soprattutto, finisce per utilizzare criteri valutativi di selezione a propria scelta invece di utilizzare i requisiti previsti dalla normativa e che ritiene imprescindibile per l’attribuzione dell’incarico, come l’esperienza quinquennale che viene però omessa dalla commissione che invece inserisce come requisiti prioritari “l’attività professionale aziendale con ruolo direzionale (SC o SS), l’attività specifica del Risk management e l’attività espressa all’interno di organismi di valutazione sinistri”. L’incarico alla fine viene così assegnato a chi non aveva maturato proprio l’esperienza di cinque anni richiesta a discapito di chi invece ne aveva diritto che finisce così per essere escluso.
Bilanci taroccati per evitare il crack
Le indagini, complesse e molto articolate, hanno consentito di far luce sulla falsificazione dei bilanci consuntivi dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza nel triennio 2015-2017, con lo scopo di riportare perdite di esercizio di gran lunga inferiori a quelle effettive e consentire così un allineamento posticcio dei dati contabili dell’Asp a quelli del bilancio preventivo regionale, che consolida i dati di bilancio di tutte le aziende sanitarie calabresi. Le indagini eseguite dalle fiamme gialle del nucleo di polizia economico finanziaria di Cosenza hanno svelato che la disastrosa situazione economica-finanziaria e patrimoniale in cui versa l’Asp cosentina è dovuta ad un sistema di malaffare che, stratificatosi nel corso degli anni ed aggravato da una sostanziale inefficacia del sistema dei controlli, ha consentito di occultare il depauperamento delle risorse dell’Ente sanitario, con inevitabili ripercussioni sulla capacità di garantire livelli essenziali di assistenza adeguati.
Occultamento doloso e mancata contabilizzazione
È emerso il doloso occultamento di una preponderante quota del contenzioso legale sorto negli anni dal 2015 al 2017 e, conseguentemente, l’insufficiente imputazione degli accantonamenti annuali al fondo rischi e oneri, che è risultato del tutto inadeguato rispetto alla sua funzione, cioè la copertura prudenziale dei possibili rischi giudiziari. Il contenzioso legale pendente è di oltre mezzo miliardo di euro, che potrebbe anche essere sottostimato. Inoltre sono stati rilevati: un marcato disallineamento tra il saldo di cassa effettivo (disponibile presso l’istituto di credito tesoriere) e quello risultante a bilancio, motivato dal mancato regolarizzo di oltre 54 milioni di euro di “sospesi di cassa”, ovvero di somme non più disponibili in quanto già pagate dal tesoriere, nella stragrande maggioranza dei casi per effetto dei “pignoramenti presso terzi” ottenuti in sede giudiziale dai creditori dell’Azienda; la mancata contabilizzazione degli incassi dei crediti vantati nonché la mancata svalutazione e stralcio di quelli da ritenersi inesigibili; i crediti di cui al bilancio consuntivo al 31/12/2017 sono stati appostati sulla base di dati extracontabili e, pertanto, non rispecchiano i dati risultanti dalla contabilità. Ma, nonostante le gravi irregolarità gestionali e contabili ed i pareri contrari espressi dal collegio sindacale, i bilanci del triennio 2015-2017 sono stati comunque approvati dagli organi di controllo istruttorio.
Le intercettazioni e i controlli della finanza
Ci sono le preoccupazioni dopo la visita della Guardia di Finanza: “Hanno preso quel riepilogo che abbiamo praticamente inviato in allegato alla rendicontazione del contenzioso e quindi il… su quello… forse era meglio che non ce lo mettevo sto coso”, “un bordello“. I dati trascritti non corrispondevano mai a quelli reali e sui bilanci finivano delle stime: “siccome l’indirizzo era quello che mi hai dato intorno ai 250 milioni, io quel dato lì ho messo…“. La prassi dei dati non veritieri sembrava nota a molti ed estesa a tutta la regione: “per esempio Vibo Valentia… se uno la legge così… sembra un’azienda chiamiamola virtuosa”, “invece Vibo Valentia deve un mare di soldi a Crotone per tutta la parte privata…”. Poi le commistioni con la politica: “bisogna andarsene perché sono cambiati gli equilibri politici anche a livello romano e loro vogliono liberate le poltrone, se non te ne vai tu, che non sei intelligente e lo capisci, ti cacciano loro in malo modo”, “ci sono le elezioni europee mo’ a maggio e a loro servono le postazioni per la campagna elettorale”. Infine, gli amari avvisi: “Ormai siamo arrivati al punto di non ritorno”, “Se salta Cosenza, salta tutto“.