Contestato il decreto che istituisce le Breast Unit e impedisce di esercitare l’attività operatoria per i tumori della mammella nelle strutture che non rientrano nella Rete oncologica regionale. Mollo “la cosa che fa più male è quando chi chiediamo come Regione perché le donne vanno fuori dalla Calabria a curarsi per un tumore al seno”.
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COSENZA – Protesta questo pomeriggio a Cosenza dove un gruppo di donne ha manifestato tutto il suo dissenso contro la decisione adottata dal commissario ad Acta Saverio Cotticelli e dal Sub Commissario Crocco, nell’ambito dall’aggiornamento della Rete oncologica, che con un decreto del 15 luglio vieta di fatto le prestazioni chirurgiche per il trattamento del tumore della mammella a tutte quelle strutture che non rientrano nella Rete oncologica regionale e, quindi, agli ospedali privati convenzionati istituendo le Breast Unit in Calabria, una per ogni area del territorio regionale, per il trattamento del tumore alla mammella e individuate sulla base del numero degli interventi chirurgici effettuati negli ultimi tre anni e che dovranno effettuare ciascuna almeno 135 interventi/anno per tumori primari, con tendenza crescente nel triennio.
Abbiamo il diritto di scegliere dove operarci
“Noi donne – dice una delle manifestanti – abbiamo il diritto di scegliere dove operarci. Questa situazione è assurda, perché con questo decreto si allungano le liste di attesa e si incentiva la migrazione sanitaria. Il tumore alla mammella necessità di una tempistica certa nella sua cura e con l’adozione di questo decreto non è più possibile”. Le donne affette da tumore al seno si sono ritrovate dinnanzi una nota struttura ospedaliera privata che nel tempo si è specializzata per la cura del tumore al seno, ottenendo risultati importati a beneficio delle pazienti oncologici”.
Tre le AO inserite nella Rete oncologica
In Calabria, sono solo tre le aziende ospedaliere inserite nella Rete Oncologica Regionale: il Pugliese-Ciaccio ed il Mater-Domini di Catanzaro e l’Annunziata di Cosenza. A queste, si aggiunge l’Hub Azienda Ospedaliera Bianchi Malacrino-Morelli di Reggio Calabria con la riserva di valutare il volume finale ed il trend, entro la fine del 2020 per confermare o revocare l’autorizzazione. Il numero delle strutture e di chirurghi è decisamente sproporzionato rispetto alla domanda di sanità. “Le procedure – aggiunge una paziente – indicano che entro un mese dalla conclusione del ciclo chemioterapico, la persona affetta da tumore al seno debba essere operata. Con questo decreto non sarà più possibile, perché le liste di attesa si sono allungate enormemente. Qui si tratta di vivere o morire ed assurdo tutto ciò. Ci costringono ad andare fuori regione, con tutte le spiacevoli aggiunte di costi e problemi per le nostre famiglie”.
Mollo “Non possiamo dare il peso dei costi ai pazienti”
“ La cosa più brutta è quando chi chiediamo come Regione perché le donne vanno fuori dalla Calabria a curarsi per un tumore al seno” ha dichiarato il dottor Francesco Mollo che dal 2012 si occupa di Oncoplastica Chirurgica Mammaria e Dermatologica alla Casa di cura la Madonnina “già dal 2016 – spiega , durante un congresso all’Istituto Europeo Oncologico, era partito un percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale per quanto riguarda la patologia oncologica senologica. Lo abbiamo illustrato in quel congresso per cercare di eseguire dei ponti scientifici visto che le Breast Unit erano abbastanza ridotte o in alcuni casi inesistenti“.
“Abbiamo fatto documenti di aggregazioni con l’ospedale Civile di Cosenza – ha aggiunto Mollo – dove esisteva un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) ma non un’unità di senologia, che purtroppo, viste le vicissitudini, non c’è stato. Abbiamo continuato a lavorare in modo serio e professionale nei confronti dei pazienti anche a discapito nostro e della struttura che ci ha rimesso anche a livello economico. Prendere in cura una paziente con una patologia del genere – aggiunge – e andare trovare comunicazione con il territorio per l’oncologia di Paola e la radioterapia del Mariano Santo, sono delle convezioni che se fossero state istituzionalizzate sarebbero state ancora più facili da raggiungere, con tempi di attesa ridotti e spese economiche molto ridotte”.
“Non possiamo dare il peso dei costi ai pazienti quando c’è una patologia importante da trattare. Da poco abbiamo acquistato una sala diagnostica senologica di ultima generazione che ci permette di fare diagnosi in modo precoce. E utilizzare strumentazioni tecniche importanti significa principalmente fare prevenzione. Abbiamo anche l’ecografia con personale dedicate, unità di attività di radiologia interventistica e diagnostica che si occupa solo della diagnosi della patologia. Poi esiste un percorso formato dall’oncologo, dal chirurgo senologo, dal chirurgo plastico e altro. Proprio per poter raggruppare queste persone, rendere più facile il percorso per la donna ed evitare le lunghe liste di attese, abbiamo messo tutto insieme”.