Omicidio Taranto, Cassazione: annullata la condanna per Mignolo, tutto da rifare

Gli Ermellini accolgono le motivazioni della difesa e annullano con rinvio ad un nuovo processo la posizione di Domenico Mignolo condannato a 16 anni di carcere

 

COSENZA – In primo grado Domenico Mignolo,  accusato di essere l’esecutore materiale dell’omicidio di Antonio Taranto, ucciso a colpi di pistola, fu condannato a 18 anni di reclusione. I giudici della seconda sezione penale riformularono la condanna con una riduzione di due anni. Oggi la Cassazione ha accolto la tesi del collegio difensivo (gli avvocati Filippo Cinnante, Andrea Sarro e Gaetano Maria Bernaudo) che si era battuto per l’inconsistenza del quadro indiziario sotto l’aspetto del ragionevole dubbio. Tutto da rifare dunque. Un nuovo processo in Appello in cui i giudici dovranno esaminare gli atti secondo quando richiesto dagli Ermellini.

Anche per Leonardo Bevilacqua ci sarà un nuovo processo. In Appello i giudici avevano deciso per l’assoluzione ma la Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla Procura annullando la sentenza di assoluzione. Per Altomare confermata la condanna ad un anno e sei mesi di reclusione

Antonio Taranto, 26 anni, fu ucciso in via Popilia, il 29 marzo 2015 con un colpo di pistola calibro 38 che secondo gli inquirenti Mignolo avrebbe esploso dal balcone di casa con una 357 Magnum. La prima sentenza di condanna fu emessa dal Tribunale di Cosenza un anno dopo. La pubblica accusa chiese la pena all’ergastolo ma l’imputato giudicato con il rito abbreviato beneficiò della riduzione di un terzo della pena.

Il 17 ottobre del 2018 era iniziato il processo di secondo grado presso la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro. Insieme a Domenico Mignolo erano imputati anche Leonardo Bevilacqua e Riccardo Altomare, condannati rispettivamente a un anno e sei mesi di reclusione per i reati di favoreggiamento e false dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria e ai pm.  Domenico Mignolo si sarebbe sempre dichiarato innocente. Nell’ultima udienza, la pubblica accusa durante la requisitoria chiese la conferma della sentenza di condanna di primo grado a 18 anni di carcere. La Corte decise di ridurre la pena a Domenico Mignolo condannandolo a 16 anni di reclusione, assolvendo Leonardo Bevilacqua e confermando la condanna per Riccardo Altomare.

Secondo l’accusa il movente dell’omicidio è da rintracciare nel fatto “che Mignolo fosse particolarmente adirato per non aver ricevuto lo ‘stipendio’ dal proprio clan nel periodo in cui era stato detenuto”. I fatti risalgono al 29 marzo del 2015, una sera in cui scoppiò una lite in una discoteca tra Mignolo e Bevilacqua alla quale, tra gli altri, era presente anche antonio Taranto. Poi il ritorno a casa, in via Popilia e quei colpi esplosi dal balcone di Mignolo, almeno due colpi di pistola dichiararono gli inquirenti “fortunatamente inceppatasi, colpendo nel mucchio la persona sbagliata”. Nel collegio difensivo gli avvocati Filippo Cinnante, Andrea Sarro e Gaetano Maria Bernaudo per la difesa di Domenico Mignolo, Rossana Cribari e Paolo Greco per gli altri imputati. Le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Mariarosa Bugliari, Francesco Tomeo e Angela D’Elia.

 

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