Gli Ermellini annullano l’aggravamento di misura della custodia cautelare in carcere inflitta nel corso del processo ad Andrea Minieri su dichiarazioni del pentito Pellicori
Il 18 maggio 2018 durante lo svolgimento del processo che vedeva imputato il gruppo Perna nello spaccio di droga a Cosenza e hinterland, Marco Perna detto il capone, Andrea Minieri (difeso dall’avvocato Antonio Quintieri) e Paolo Scarcello tornano in carcere per un aggravamento di pena. L’ordinanza datata 17 maggio su richiesta del pubblico ministero della Dda Assumma, parlava di pericolo di reiterazione del reato. Più semplicemente, le dichiarazioni del pentito Luca Pellicori avevano aggravato la posizione degli imputati che, nonostante la misura cautelare applicata, continuerebbero ad operare illecitamente.
All’epoca dei fatti Minieri era sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Il processo in primo grado a suo carico finì con la condanna a dieci anni di carcere.
La difesa decise di ricorrere in Appello e la Cassazione lo scorso 12 gennaio gli da ragione, annullando l’aggravamento della misura cautelare e stabilendo una nuova udienza davanti al Tdl. Per gli Ermellini le dichiarazioni del pentito non sarebbero sufficienti, anche sulla scorta della tesi della difesa in cui ha fatto emergere come per la nuova richiesta di arresto non fu svolta nessun tipo di attività investigativa, sequestro di droga, pedinamenti.
Nella sentenza di Cassazione, la Corte giudica che la deduzione difensiva colga nel segno e l’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio: “Nel dibattimento dal collaboratore di giustizia Luca Pellicori, il quale ha riferito della prosecuzione dell’attività di narcotraffico da parte del Minieri nell’attualità e nonostante la sottoposizione alla misura domiciliare, a mezzo di Giacinto Bruno e di suo fratello. Il Tribunale ha dunque dato conto dell’attendibilità del narrato del Pellicori, intrinseca ed estrinseca nonché individualizzata, alla luce dell’acclarato coinvolgimento del Minieri nell’attività di spaccio, a nulla rilevando le ragioni di natura personale e/o utilitaristica che possano avere indotto Pellicori a collaborare con la giustizia. Ad ulteriore conforto dell’aggravamento dei pericula libertatis, il Collegio del gravame cautelare ha valorizzato l’evasione dagli arresti domiciliari commessa dal Minieri in data 20 settembre 2016.
Infine, il Giudice a quo ha motivato l’inidoneità di qualunque misura diversa da quella di maggior rigore a fronteggiare il pericolo di reiterazione criminosa, in particolare anche di quella degli arresti domiciliari con il c.d. braccialetto elettronico.
Nel ricorso a firma del difensore di fiducia, Andrea Minieri chiede l’annullamento del provvedimento per il vizio di motivazione, per avere il Tribunale fondato il disposto aggravamento sulle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Luca Pellicori, non convalidate dai prescritti riscontri individualizzanti”.
I gravi indizi di colpevolezza sussistono qualora “oltre ad essere intrinsecamente attendibili, risultino corroborate da riscontri estrinseci individualizzanti, tali cioè da attribuire capacità dimostrativa e persuasività probatoria in ordine all’attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario di esse, ferma restando la diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato.
In altri termini, la prosecuzione dell’attività di narcotraffico da parte del Minieri anche durante l’esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari riferita dal chiamante in reità Pellicori non può ritenersi convalidata dagli
elementi indicato dal Collegio calabrese, in quanto all’evidenza estranei al fatto da riscontrare.