Cosenza, donna ruba energia elettrica ma il giudice l’assolve

Una sentenza che prende le distanze dall’orientamento della Cassazione che rimane contraria alla causa di giustificazione ad un reato. Le argomentazioni della difesa covincono il Tribunale e l’imputata torna libera perchè il fatto non costituisce reato

 

COSENZA – Furto di energia elettrica. Oggi il giudice monocratico Pingitore ha assolto l’imputata accusata di aver rubato energia elettrica perchè il fatto non costituisce reato. Le argomentazioni difensive rappresentate dall’avvocato Antonella Rizzuto del foro di Cosenza sono state più impregnanti della mera richiesta di condanna da parte dell’accusa a cinque mesi di reclusione e 500 euro d’ammenta, da essere accolte dall’organo giudicanteper assolvere una donna bisognevole di aiuti. Una assoluzione importante perchè così decidendo il tribunale di Cosenza ha dimostrato che ha preso le distanze dall’orientamento ferreo attuale della Corte di Cassazione che non ravvisa nello stato di bisogno e nel disagio economico di una persona una causa di giustificazione ad un reato, nel caso specifico il furto di energia elettrica.

Il procediemnto si è defintio con rito  abbreviato condizionato a produzione documentale, ossia sulla produzione degli atti. Il giudice ha dimostrato di valutare attentamente la situazione dell’imputata arrestata il 16 marzo 2018 a seguito di un servizio di controllo dei carabinieri  all’interno del villaggio rom, in via degli Stadi, dove la donna abita. In quell’occasione furono arrestate diverse persone. Già all’udienza di convalida a marzo 2018 il giudice aveva preso atto delle condizioni economiche disagiate e disastrose della famiglia dell’imputata la quale aveva provato con documentazione e dichiarazioni che viveva a casa con otto persone tra cui minori in tenerissima età.

Nonostante il reato fosse acclarato, ossia i militari dell’Arma avessero rinvenuto l’allaccio diretto all’energia elettrica, il giudice esprime sentenza di assoluzione riconoscendo la causa di giustificazione per la quale la Cassazione è totalmente contraria perchè una persona si può rivolgere ad enti e associazioni in grado di aiutare chi ha bisogno. Ma in questo caso anche le argomentazioni difensive hanno convinto il giudice rappresentando il contesto sociale e culturale dove maturano determinate condotte; la difesa ha sottolineato come si tratti di persone che non hanno assolutamente istruzione ed è diffcile anche solo rivolgersi ad enti con fini di aiuto per i bisognosi. Sicuramente l’imputata e chi come lei, può rivolgersi alla Caritas per quanto riguarda generi alimentari, bisogni di prima necessità, ma non ci sono enti ed associazioni che provvedono al pagamento di bollette soprattutto in una abitazione con quattro figli minori e un surplus notevole di spese da affrontare.

 

 

 

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