Imprenditore muore all’Annunziata per malaria, assolto medico

Assolta da ogni accusa perchè il fatto non sussiste Maria Vigna medico rianimatore del reparto di Rianimazione dell’Annunziata di Cosenza per la morte di Giuseppe Nicastri, 64 anni, affetto da malaria, deceduto in ospedale il 7 febbraio 2014

 

COSENZA – Oltre due anni di processo in cui la difesa dell’imputato rappresentata dall’avvocato Nicola Carratelli ha dimostrato come il medico non avesse colpa alcuna per la morte del 64enne. Oggi il giudice Monocratico De Vuono ha ascoltato Procura e difesa durante la discussione prima di decidere “il verdetto”.

All’epoca dei fatti furono indagati insieme al medico rianimatore altri due sanitari: un medico del reparto di malattie infettive e un gastroenterologo. Per questi ultimi il Gip all’esito dell’udienza preliminare stabilì il non luogo a procedere e un’assoluzione. Fu rinviata a giudizio, invece, Vigna che oggi chiude una brutta pagina giudiziaria con una piena assoluzione.

LA STORIA

L’imprenditore Nicastro era tornato dall’Africa, da un viaggio in Gabon, il 3 febbraio del 2014 e fu ricoverato per febbre alta e brividi, alcuni sintomi che facevano sospettare la malaria. L’uomo passò dai reparti di Malattie infettive e Rianimazione. Secondo l’accusa la terapia sarebbe stata praticata sul paziente dopo tre giorni, con una omessa diagnosi di infezione da malaria.

LA DISCUSSIONE

Il pubblico ministero Donatella Donato ripercorre le fasi embrionali dell’inchiesta in cui l’imputata avrebbe risposta e poi accusata di negligenza della condotta rilevata nella mancata sottovalutazione clinica del paziente e nella mancata indicazione del trasferimento dello stesso nell’unità di terapia intensiva. “Il paziente era affetto da malaria diagnostica ancorché in ritardo rispetto al suo insorgere e al suo doversi diagnosticare per come rilevato dalle consulenze cliniche – parla il pm – ma comunque questa ritardata diagnosi non avrebbe inciso sulla morte del paziente che era già terapizzato con la terapia antimalarica e ricoverato nel reparto di malattia infettive.

Il paziente presentava un quadro clinico con le piastrine sempre basse. La causa della morte è questa edema polmonare causato da una miocardite. In relazione a questo tipo di patologia andava verificato se presentasse sintomi tali da dovere essere evidenziato se andasse praticata una terapia differente da quella praticata e chi aveva il dovere di farlo rispetto alla patologia che presentava il paziente stesso. Non è incontrovertibile la responsabilità dell’imputata perchè non è emerso qual’era la terapia che sarebbe stata dovuta essere praticata sul paziente che lo avrebbe portato ad un esito differente rispetto all’evento morte. Se viene addebitata una valutazione del quadro clinico all’imputata viene indicato nell’accusa una serie di esami strumentali dei quali non sappiamo né il tempo di pervenimento degli stessi che avrebbe portato a salvare il paziente, né se sarebbero sussistite delle terapie tali da poterlo salvare.

Ritengo che non emergendo questo dato e soprattutto qual’era il tipo di terapia che avrebbe dovuto subire il paziente: la miocardite non aveva tutte quelle caratteristiche tali da potere essere evidenziata; avrebbe dovuto avere dei dati strumentali che nella notte del sei febbraio, quando il paziente decede, non è emerso se intervenendo nel tempo necessario le terapie, che non sappiamo quali sono, avrebbero portato ad una situazione differente del paziente. In merito a questi fatti chiedo l’assoluzione dell’imputata”.

Dunque molti i fattori emersi durante l’istruttoria dibattimentale che scagionano il medico, da una miocardite che non poteva essere evidenziata nell’immediato, ad una terapia di cui non si ha la certezza dell’esito.

La difesa, rappresentata dall’avvocato Nicola Carratelli ripercorre la storia del paziente partendo dalla causa della morte: “il povero signor Nicastri che era andato in Africa e non si era sottoposto alla profilassi antimalarica, rientra dall’Africa e rimane dieci giorni a casa con questo stato febbrile, curata come una semplice influenza. Poi, finalmente, a causa dell’aumentare dei dolori del basso ventre ed altri sintomi e la febbre è alta, si presenta al pronto soccorso; i medici si interrogano sulla causa della sintomatologia, sospettano la malaria, lo ricoverano in isolamento nel reparto di malattie infettive, ottengono il verdetto che si tratta di malaria e iniziano la terapia antimalarica. Si verifica durante il 5 febbraio un calo pressorio notevole; intervengono con una terapia a base di infusione di liquidi con un aumento del quadro pressorio. Nella notte del sei interviene il secondo rianimatore che pratica la stessa terapia che stabilizza ancora una volta il paziente. A distanza di 24 ore nella notte tra il sei e il sette febbraio viene chiamata come consulente il medico Vigna, la quale verifica che c’era in atto un nuovo calo pressorio e per come avevano operato i suoi colleghi infonde la stessa terapia il così detto Lasix. A distanza di un’ora e mezzo dalla consulenza rianimatoria il paziente Nicastri improvvisamente decede, passa dallo stato di lucidità e piena capacità di soggetto vigile ad una morte immediata.

LA MORTE IMPROVVISA

Perchè muore il Nicastri? Perchè è affetto da una infezione della membrana del muscolo cardiaco: la miocardite, la causa principale delle morti improvvise nei pazienti che non hanno condizioni vitali di imminente pericolo di decesso come lo era Nicastri fino a quel momento vigile. Il consulente ha spiegato cosa sia la morte improvvisa: non è il decesso di una persona che sta camminando, ma il decesso che si verifica in un soggetto affetto da una condizione patologica ma che non presente situazioni di imminenza di pericolo e che rende il decesso improvviso perchè inaspettato rispetto allo stato della situazione clinica registrata.

LA MIOCARDITE FU DIAGNOSTICATA IN FASE AUTOPTICA

La miocardite è stata diagnosticata soltanto in sede istologica ossia all’esito dell’esame autoptico – parla la difesa-. La miocardite non aveva dato nessun sintomo. L’imputato non aveva compiuto l’osservazione del paziente durante tutto il ricovero, ma aveva verificato dati in cartella clinica che per tutto il ricovero, quei segni clinici della miocardite non erano mai stati rilevati: nessuno non aveva mai rilevato quella situazione. Ma se la causa della morte è dovuta ad un evento rispetto al quale non c’era e non poteva esserci perchè silente, perchè nascosto e non manifesto, e quindi non poteva ipotizzarsi una situazione diversa da quella reale perchè inesistente, come può ricollegarsi all’evento morte che si è verificato per quella specifica causa? Il medico imputato non intervenne per verificare una miocardite, un quadro accertato di miocardite che non è intervenuta sulla base di dati riportati in cartella clinica o manifesti riconducibili ad una miocardite che è la causa della morte.

E’ ovvio che nessuna responsabilità per questa morte è imputabile al medico Vigna. Vi sono altri elementi come il ruolo dell’imputato. Interviene esclusivamente per una consulenza rianimatoria di un paziente ricoverato in un reparto in cui ci sono medici specialistici. Deve compiere una verifica a livello rianimatorio,a livello respiratorio c’è la necessità di compiere una specifica attività e disporre o meno il trasferimento nel reparto di rianimazione. Allora la censura qual’è? perchè è imputata nel processo? Inoltre durante la discussione la difesa spiega che l’imputato non poteva e non doveva disporre nessun trasferimento. Ha constatato che non c’erano problemi a livello rianimatorio, non presentava dispnea, rantoli, affaticamento, difficoltà respiratoria in genere.

Che cosa ha trascurato il medico rispetto al quadro clinico presentato? Avrebbe dovuto prevedere che cosa? Che c’era la miocardite uscita fuori solo in sede di autopsia e che fino a quel momento era rimasta silente? Doveva sospettare che forse disponendo l’ecocardiogramma….ma il consulente è stato chiaro: dall’esame clinico non si evince se ci sia o meno la miocardite.

NESSUN SINTOMO FINO ALLA MORTE

Il Nicastri fino a quando non è morto non ha avuto scompensi cardiaci. In particolare al momento della consulenza del medico rianimatore. Il Nicastri fino a quando non è morto non presentava nessun sintomo. La testimonianza del teste al momento della morte, presente anche al momento della consulenza del medico Vigna, ha verificato come la morte sia giunta improvvisa. Se Vigna avesse disposto il trasferimento: il reparto di malattie infettive si trova in altra sede rispetto al complesso dell’Annunziata; per essere trasportato altrove anche per una esame clinico, il paziente deve essere trasportato tramite navetta ed i tempi si dilungano notevolmente, per come riferito da tutti i medici. Tutti questi esami in quanto tempo si sarebbero potuti espletare? Perchè il Nicastri muore un’ora dopo che il medico rianimatore va via. In quell’ora c’era lo spazio per compiere tutti questi accertamenti? No.

Il consulente della Procura alla domanda se la condotta del terzo rianimatore avesse scongiurato la morte del paziente risponde: “Un intervento rianimatore non avrebbe con certezza, oltre ogni ragionevole dubbio, scongiurato il decesso del paziente“”. La difesa conclude ricordando che Nicastri aveva la malaria e quindi un quadro clinico compromesso, e presentava tutta una serie di dati negativi rinvenuti solo in sede autoptica tra cui un enfisema polmonare, una insufficienza surrenalica cronica e poi la miocardite, la causa per cui è sopraggiunto il decesso. Nessun rimedio avrebbe potuto evitare un decesso, né tanto meno un medico rianimatore intervenuto solo per una consulenza rianimatoria, la quale per altro si è attenuta alle linee guida escludendo dunque la colpa.

Per questi fatti dimostrati ampiamente dalla difesa nel corso del dibattimento processuale, il giudice monocratico De Vuono ha assolto la dottoressa Vigna dalla responsabilità della morte del Nicastri

 

 

 

 

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