I genitori del piccolo Giancarlo Esposito, attraverso i loro legali, gli avvocati Ugo Le Donne e Francesco Chiaia, nella scorsa udienza del processo per la morte del figlioletto, hanno proceduto a ritirare la costituzione di parte civile. Con una lettera, oggi, spiegano perchè.
COSENZA – Nell’ultima seduta, l’istruttoria dibattimentale del processo sulla morte del piccolo Giancarlo Esposito avvenuta il 2 luglio del 2014 nella piscina di Campagnano, gli avvocati della famiglia hanno ritirato la costituzione di parte civile e oggi, con una lettera, i genitori del piccolo, Domenico e Alessandra, spiegano perchè. Di seguito la lettera arrivata alla nostra redazione.
“Tenere la schiena dritta, anche quando il vento soffia forte. Questo abbiamo imparato dalla perdita di nostro figlio nel (per noi, mai troppo) lontano luglio 2014. Ed è per questo che riteniamo corretto e giusto spiegare le ragioni della scelta di uscire dal processo penale come parti civili. Sparite in un lampo le foto che ci vedevano, canuti e stanchi, ammirare orgoglio la bella famiglia del nostro amato Giancarlo… E poi quasi quattro anni di un processo penale, a carico di Carmine Manna e di molti dei suoi collaboratori… un ulteriore, per noi, calvario che è servito ad aumentare le nostre ansie e il nostro malessere.
“Blasfemo distacco emotivo di chi ha tentato una impossibile discolpa e tanto, tanto altro ancora che ci ha tolto sempre di più, quel respiro già corto di suo. Siamo stati combattuti – scrivono – tra la voglia di non presenziare alle udienze e il bisogno di tutelare con la nostra presenza, il ricordo di nostro figlio trasformato, anche per esigenze tecnico processuali, in un oggetto da smembrare e rivoltare come un calzino”.
“Il contributo che attraverso i nostri difensori (avvocati Ugo Le Donne e Francesco Chiaia), abbiamo dato al processo è ormai indelebile e non potrà essere cancellato attraverso le tesi, avulse dalla realtà, di qualche consulente tecnico di parte che per sua stessa ammissione, durante la sua deposizione, ha riferito di dover credere alla propria cliente (una delle imputate) solo perchè tale, e non perchè riscontrata scientificamente. Del resto, se fossero così fondate le tesi difensive, perchè mai l’assicurazione della piscina di Campagnano avrebbe ammesso le responsabilità dei suoi assicurati?”.
“Alla giustizia terrena ci affidiamo – scrivono Domenico e Alessandra – ma attendiamo non poche risposte. Noi ci siamo senza abbassare lo sguardo nemmeno per un istante. Un processo in cui è cambiato il Giudice per ben tre volte… ecco, al riguardo esprimiamo un sentito ringraziamento per l’operato del Pubblico Ministero, la d.ssa Cerchiara, perchè sappiamo che continuerà a fare instancabilmente il suo lavoro e ad apprezzare la professionalità dei giudici che si sono sinora succeduti. Per noi è stato importante esserci, per dimostrare, stretti nel cordone di solidarietà di migliaia di persone che ci vogliono bene che non saremmo mai piegati. Mai! Il processo andrà avanti essendo l’omicidio di nostro figlio, un fatto per il quale necessita una sentenza. Noi siamo usciti perchè non intendiamo dare segni di accanimento o di giustizialismo, ma per cercare di dare un minimo respiro alle nostre anime, per nostra figlia Ginevra in particolare. Senza polemiche o risposte a facili attacchi”.
“Sia chiaro, la nostra fuoriuscita è solo formale: continueremo – sottolineano – ad essere personalmente presenti ed a seguire da vicino l’intera vicenda processuale. Ai (per la verità) pochi giornalisti che hanno subito riportato la deposizione dei consulenti della difesa diciamo non solo di leggere ma soprattutto di pubblicare tutte le prove che fino ad oggi sono emerse, in modo tale da rendere un servizio più equo e meno di parte, e di attendere l’esito del giudizio”.
“A chi ha associato la revoca della costituzione di parte civile alla nostra corruttibilità facciamo presente che un figlio non ha nè un prezzo nè, tantomeno, un valore economicamente quantificabile e che, pur di riavere con noi il nostro Giancarlo, saremmo immediatamente pronti ad immolare le nostre stesse vite. Chiediamo come sempre, rispetto e dignità”.
I genitori di Giancarlo Esposito