Vasche colorate di rosso su via Arabia, mentre le ‘vele’ di piazza Bilotti sono state tappezzate con frasi contro la violenza sulle donne
COSENZA – Otto marzo a Cosenza, il centro città si ‘colora’ per protestare contro la violenza di genere. Prese di mira le fontane musicali che affacciano su corso Mazzini e piazza Bilotti. “Stamattina, in occasione della ‘festa’ delle donne, – spiega il gruppo di cittadine che ha dato vita alla protesta – abbiamo deciso di far svegliare il centro della nostra città vetrina con due azioni. Le fontane di via Arabia sono diventate rosse come il sangue delle donne uccise per quello che, troppo spesso, è stato definito ‘amore’. La morte di una donna per mano del compagno, marito, ecc. non fa neppure più scalpore. In Italia dal 2000 ad oggi sono 3000 le donne vittime di femminicidio e in tre casi su quattro l’assassino era il loro partner. Non si può più restare silenti davanti a ciò che viene condannato in teoria, ma di cui a volte sono colpevolizzate le donne stesse.
Nelle scuole e nelle università le tematiche di genere non vengono mai trattate. Dai commissariati alle aule dei tribunali subiamo l’umiliazione di essere continuamente messe in discussione e di non essere credute, burocrazia e tempi d’attesa ci fanno pentire di aver denunciato e spesso ci uccidono, è altissima la percentuale delle donne uccise dopo aver denunciato le violenze ed essere state ignorate dalle istituzioni. Il femminicidio è violenza di Stato, violenza di uno Stato neoliberista impregnato di una cultura maschilista, uno stato patriarcale omertoso rispetto all’autodeterminazione e la libertà della donna, a favore di un potere e dominio della figura dell’uomo virile.
Il femminicidio non è raptus omicida, né fatalità, è la violenza di genere insediata nella forma mentis patriarcale ad uccidere. È la conseguenza più drammatica di tutte le forme di discriminazione, che annientano la donna nella sua identità. Il secondo ‘regalo’ che abbiamo fatto alla città sono le frasi in piazza Bilotti. Pensieri di donne che denunciano ciò che siamo costrette a vivere ogni giorno, frasi per gli uomini con cui siamo a contatto e per la società che rende queste discriminazioni possibili. Duecento frasi frettolosamente rimosse in mattinata dal Comune di Cosenza. L’azione di protesta proseguita con un volantinaggio tra il Cup e il Reparto di Ginecologia dell’Ospedale di Cosenza doveva amplificare la voce del genere femminile, che la società maschilista costringe in sordina quotidianamente. La reazione delle istituzioni dimostra, ancora una volta, come la censura sia normalizzata e resa legittima da uno stato che, con estrema naturalezza, esercita violenza.
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Ci vogliono sottomesse e sfruttate, ci vogliono carne da macello per pubblicità di intimo e soggetti da difendere nelle campagne elettorali. Questi brevi messaggi parlano di donne, del nostro ruolo all’interno della famiglia, camminando per strada, al lavoro, in qualsiasi contesto. Oggi vogliamo dimostrate che il femminismo non ha raggiunto tutti i suoi obiettivi e che siamo pronte all’azione. Oggi abbiamo lanciato una lotta che non promettiamo breve ed una sfida al prodotto vivo di questa società malata. L’8 è solo l’inizio, da semplice festa deve diventare anche un giorno per riflettere, per ricomporre una storia di genere, per arrivare ad analizzare i problemi che ogni giorno siamo costrette a vivere e per urlare ancora più forte che siamo pronte a riprenderci ciò che ci viene negato”.