Il procuratore generale Sforza ha chiesto la conferma della sentenza di condanna in primo grado. Taranto fu ucciso con un colpo di pistola calibro 38
COSENZA – Omicidio Taranto, il processo giunge alle battute finali. In aula requisitoria della pubblica accusa che ha chiesta la conferma della sentenza di condanna di primo grado a 18 anni di carcere, per Domenico Mignolo, accusato di essere l’esecutore materiale dell’omicidio di Antonio Taranto, 26 anni, in via Popilia, il 29 marzo di tre anni fa con un colpo di pistola calibro 38 che Mignolo avrebbe esploso dal balcone di casa con una 357 Magnum. La sentenza di condanna fu emessa dal Tribunale il 29 luglio del 2016. La pubblica accusa rappresentata dai pm Antonio Bruno Tridico e Donatella Donato, aveva chiesto la pena all’ergastolo ma, considerato la richiesta del rito abbreviato il Gup Cosenza formulò sentenza di condanna tenendo presente la riduzione di un terzo della pena.
Il 17 ottobre scorso è iniziato, dunque, il processo di secondo grado presso la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro. Insieme a Domenico Mignolo ci sono anche Leonardo Bevilacqua e Riccardo Altomare, condannati rispettivamente a un anno e sei mesi di reclusione per i reati di favoreggiamento e false dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria e ai pm. Proprio il procuratore generale Raffaella Sforza chiese l’acquisizione della sentenza di primo grado del processo Rango – Zingari in cui Mignolo era stato ritenuto colpevole per una serie di reati in cui ci sarebbe la chiave di lettura dell’omicidio Taranto; chiave di lettura resa “più leggibile” anche dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Marco Massaro e Giuseppe Montemurro. Ma Domenico Mignolo si sarebbe sempre dichiarato innocente.
Secondo l’accusa il movente dell’omicidio è da rintracciare nel fatto “che Mignolo fosse particolarmente adirato per non aver ricevuto lo ‘stipendio’ dal proprio clan nel periodo in cui era stato detenuto”. I fatti risalgono al 29 marzo del 2015, una sera in cui scoppiò una lite in una discoteca tra Mignolo e Bevilacqua a cui tra gli altri era presente anche antonio Taranto. Poi il ritorno a casa, in via Popilia e quei colpi esplosi dal balcone di Mignolo, almeno due colpi di pistola dichiararono gli inquirenti “fortunatamente inceppatasi, colpendo nel mucchio la persona sbagliata”. Nel collegio difensivo gli avvocati Filippo Cinnante e Andrea Sarro per la difesa di Domenico Mignolo, Rossana Cribari e Paolo Greco per gli altri imputati. Le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Mariarosa Bugliari, Francesco Tomeo e Angela D’Elia