Gli imputati sono accusati a vario titolo di spaccio e detenzione di stupefacenti, usura ed estorsione. L’inchiesta partì dalla denuncia di una “madre coraggio” per salvare il figlio
COSENZA – Processo Mater, nell’udienza di oggi sul banco dei teste gli investigatori della polizia giudiziaria che portarono avanti le indagini dell’inchiesta nata nel febbraio del 2017, dalla decisione di una “madre coraggio” di denunciare il figlio pusher. I carabinieri del comando provinciale di Cosenza, eseguirono 35 misure cautelari, di cui dieci in carcere e sedici ai domiciliari, nonché 9 obblighi di dimora. A luglio scorso in venti patteggiarono la pena. Per gli inquirenti si trattò di una organizzazione dedita al traffico di droga nella città di Cosenza, usura ed estorsione.
Il caso venne alla luce grazie alla madre del pusher che raccontò una serie di episodi riferiti al figlio, tra cui minacce e pestaggi, che facevano temere per la sua vita. Gli investigatori della mobile e dell’Arma, hanno risposto alle domande della pubblica accusa rappresentata dal pm Giuseppe Cozzolino tra alcuni episodi di furto, in particolare ai danni della struttura dell’Asp di via San Martino, della Panetteria Serra, del liceo scientifico “Scorza” e dell’Istituto “Lucrezia della Valle”, tutti compiuti nell’ottobre del 2015.
Gli investigatori hanno ripercorso le tappe dell’indagine, dal momento della scoperta del furto, al sopralluogo, alla visione dei filmati delle videocamere, al riconoscimento degli imputati sia all’epoca dei fatti che direttamente in aula dietro richiesta del pubblico ministero. Sentita anche una ragazza di 18 anni che ha raccontato di essere stata la fidanzata di uno degli imputati che avrebbe spacciato droga. La giovinetta avrebbe anche fatto il nome di un altro presunto pusher.