COSENZA – Il suo acquedotto rifornisce di acqua potabile Rende, parte di Cosenza e dei suoi Comuni nonchè numerose zone del crotonese.
Si tratta di un fiume lungo venti chilometri che nasce ad Orsomarso e sfocia in mare nel Tirreno, a Santa Maria del Cedro. Negli anni Novanta le associazioni ambientaliste denunciarono un sospetto andirivieni di mezzi tra le rive del fiume ipotizzando che sulle sponde dell’Abatemarco fossero stati interrati dei fusti contenenti rifiuti radioattivi. Nei giorni scorsi lungo il percorso del corso d’acqua cui sorgente è la fonte principale di approvvigiamonamento della rete di acquedotti che alimentano i rubinetti di migliaia di cosentini e crotonesi, i tecnici del Miapi (Monitoraggio e individuazione delle aree potenzialmente inquinate) sono stati inviati dal Ministero dell’Ambiente per eseguire dei rilievi.
Dalle prime indiscrezioni emerse pare che siano state riscontrate delle anomalie magnetiche e termiche, provenienti dal sottosuolo, nella stessa area oggetto delle attenzioni degli ambientalisti venti anni fa. Il nucleo Ambiente della Procura di Paola che indaga sul caso insieme ai periti della Miapi avrebbe registrato due aree in cui il terreno presenta una consistente alterazione dei valori magnetotermici. Si potrebbe trattare di una discarica abusiva proprio nelle acque dell’Abatemarco, cui natura e reale presenza deve ancora essere stabilita. Il caso è al vaglio della Procura di Paola che attende da Roma l’esito delle analisi per poi procedere agli scavi e i carotaggi per scoprire cosa si nasconde nel letto del fiume.
Altre ricerche sono state effettuate sul tirreno cosentino attraverso l’utilizzo di un elicoottero in grado di monitorare in volo la radioattività dei terreni sino a dieci metri di profondità e che a Scalea e Lago avrebbe segnalato anomalie ancora in fase di studio. Sulle denunce degli ambientalisti il commissario per l’emergenza rifiuti in Calabria, Graziano Melandri, nel 2011 aveva comunque rassicurato la cittadinanza garantendo che ‘‘non esiste alcun rischio radioattivo” nelle aree dell’Abatemarco e che si trattava solo di farmaci scaduti e scarti sanitari. La verità, per ora, risiede nei laboratori romani in attesa di essere resa publica.