Questore Giancarlo Conticchio: “Segno di vicinanza alla gente”. Presente anche don Luigi Ciotti
COSENZA – “E’ un segno di vicinanza alla gente, esserci sempre non è solo il motto della Polizia ma è quello che effettivamente un poliziotto fa per l’altro”. A dirlo è Giancarlo Conticchio, Questore di Cosenza, che ha voluto organizzare un pranzo, alla mensa diocesana dei poveri, per i meno abbienti della città. Hanno accolto l’invito un’ottantina di persone. Decine di agenti si sono prodigati per cucinare e servire le pietanze ai partecipanti. All’iniziativa era presente anche il prefetto di Cosenza, Gianfranco Tomao, i rappresentanti del clero e di varie associazioni di volontariato e anche don Luigi Ciotti, di Libera, presente in città per un altro evento. “Oggi vogliamo dimostrare la solidarietà a chi ha bisogno – ha detto Conticchio – e io oggi volevo anche cucinare, ma non mi è stato consentito per impegni istituzionali, ma uno di questi giorni verrò in anonimato”. In rappresentanza del Capo della Polizia Gabrielli c’era Filippo Dispenza, direttore centrale Affari Generali della polizia di Stato. “E’ fondamentale cercare di fare inclusione sociale e civile – ha detto Dispenza – e tanta parte della Polizia si occupa quotidianamente di queste cose, anche se non stiamo a reclamizzarle”.
Don Ciotti: “La povertà che mi inquieta di più è la povertà relazionale: la solitudine di tanta gente“
“Questa giornata è cominciata con le centinaia di ragazzi di Musica contro le mafie, e poi il Questore mi ha beccato e mi ha invitato a condividere questa iniziativa”. Lo ha detto don Luigi Ciotti, che ha partecipato, oggi, al pranzo per i poveri promosso dalla Questura di Cosenza. “Io sono testimone di come in Italia i poliziotti stiano cercando, aldilà della loro professione e del loro ruolo, di essere uno strumento per incontrare le persone – ha detto don Ciotti – e per offrire opportunità, riferimenti e spazi diversi. Oggi c’è una povertà materiale molto preoccupante e inquietante nel nostro Paese, come si è visto ieri dai dati battuti, ma c’è anche una povertà culturale – ha detto don Ciotti – e aveva ragione il più grande studioso della lingua italiana, Tullio De Mauro, che diceva che l‘Italia ha oltre 6 milioni di persone di analfabetismo di ritorno, qui c’è un problema di cultura, di educazione, e del ruolo della scuola, che perde un giovane su tre nei primi anni delle scuole superiori. Questo è un problema e deve essere una priorità, perchè i giovani non riescono a vedere un futuro, vivono un momento di ansia e fragilità – ha detto ancora don Luigi Ciotti – e allora sono questi poveri, i giovani, che danno le coordinate alla politica perchè faccia la sua parte. Ma la povertà che mi inquieta di più è la povertà relazionale: la solitudine di tanta gente, – aggiunge don Ciotti – si vive accanto ma non si sta più insieme e questo porta alla paura e a deviazioni inquietanti. Già nel 1984, il grande Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, spiazzò tutti parlando di tre pesti: la violenza, la corruzione e la solitudine, nella grande città di Milano. Dobbiamo recuperare le relazioni”, ha ricordato ancora don Ciotti.