Reo confesso dell’omicidio di Arcavacata, in aula per l’uccisione di madre e sorella

Francesco Attanasio davanti ai giudici: “Sono un uomo solo. Uccidere qualcuno stravolge la vita, darei tutto per tornare indietro”

 

COSENZA – “Dal momento in cui sono entrato in carcere sono un uomo solo. Commettere un omicidio ti stravolge la vita. Darei la mia stessa vita per tornare indietro”. Queste le parole dette da Francesco Attanasio rispondendo al pubblico ministero oggi nel processo che vede imputato Luigi Galizia come il presunto assassino della madre e della sorella Edda Costabile di 77 anni e Ida Attanasio di 52, avvenuto il 30 ottobre del 2016 all’interno del cimitero di San Lorenzo del Vallo. Attanasio si è presentato stamattina in aula in abiti neri, compito, calmo, quasi rassegnato. Ha reso dichiarazioni sedendo di spalle a Luigi Galizia.

 

E’ imputato in un procedimento collegato (è reo confesso dell’omicidio di Damiano Galizia, fratello di Luigi accaduto a maggio del 2016 e quindi, nell’udienza odierna, come testimone). Attanasio ha risposto alle domande dell’accusa rappresentata dal pubblico ministero Giuliana Rana. Si è avvalso della facoltà di non rispondere per quanto riguarda il processo in cui risulta imputato. “Conoscevo Luigi Galizia. Damiano era il fratello. Era amico nel senso di un’amicizia di vecchia data, risalente a più di dieci anni fa. Eravamo amici di vita. Il paese è piccolo e ci passi l’estate. Con Luigi Galizia ho avuto rapporti di riflesso. Credo sia più grande di Damiano.

 

Damiano lavorava alla giornata come operaio con suo padre. Credo che all’epoca il papà di Damiano si occupasse di muratura. Damiano e Luigi erano fratelli; andavano d’accordo. La mia famiglia aveva rapporti con tutti. C’era uno stato d’animo inquieto in quel periodo nella mia famiglia, da quello che ho potuto capire, ma io ero detenuto. Dopo quello che era successo rispetto ad alcune cose che sono inimmaginabili per una famiglia che ha vissuto nella legalità. Vivere una detenzione è già duro di suo. Poi entrare in un contesto di un’ora di colloquio sembra tanto, ma è poco anche per dire le cose pratiche.

 

Dopo il 2 maggio, ho incontrato la famiglia durante i colloqui. Ai colloqui venivano mia madre, mia sorella, i miei nipoti. Io vivevo a Cosenza prima che venisse ucciso Damiano Galizia. Poi sono stato tra Cosenza e Vibo per una questione di sbandamento totale: sei combattuto, non sai che fare. Ho vagato. Alcuni passaggi neanche li ricordo. Sono stato a casa dei miei suoceri uno o due notti. Ho confusione, ripenso ai momenti precedenti al 27 aprile. Anche oggi sono confuso come tutti i giorni. Mi sono costituito il primo maggio di mia spontanea volontà; mi sono presentato in questura a Cosenza. Ora sono in attesa del giudizio di primo grado”.

L’INCENDIO DELLA CAPPELLA DELLA FAMIGLIA ATTANASIO

 

“Penso che l’incendio della cappella li avesse preoccupati, – spiega Attanasio – ma durante i colloqui cercavano di essermi di supporto in carcere. Magari alcune conversazioni non si facevano approfonditamente. Io dell’incendio l’ho appreso dai giornali e poi parlando con i miei familiari durante il colloquio. Credo che in merito sia stata presentata una denuncia contro ignoti. Che io sappia non hanno denunciato nessuno ma solo il fatto in se. Dopo l’omicidio dei miei familiari, a parte mia moglie per motivi tecnici, non ho visto più nessun familiare. Oggi sono un uomo solo. Mio padre è morto di crepacuore subito dopo la morte di mia madre e mia sorella. Con tutto lo spirito di buona volontà che può immaginare, per quanto possa impegnarmi io ho difficoltà a ricollegare tante cose.

L’ARTICOLO IN CUI SI PARLAVA DELLA PERQUISIZIONE IN CASA ATTANASIO

 

“L’articolo della Gazzetta del Sud del 26 ottobre 2016 è andato oltre, forse per vendere più copie. La perquisizione operata a casa mia l’ho appresa da una telefonata in carcere dai miei familiari. Aveva suscitato sdegno la notizia. Essendo collaboratore della Gazzetta del Sud da 15 anni per lo sport, mi ha sdegnato come fosse stata “colorata” impropriamente e sbattuta all’opinione pubblica”. Il pubblico ministero contesta ad Attanasio di avere detto ai familiari ‘fate rientrare i ragazzi, ho fatto una stronzata’. “Io sapevo cosa avevo fatto – racconta Attanasio – . Era un modo per avvertirli, perché qualcuno mi ascoltasse. Avevo bisogno di sfogarmi”.

LE DONNE PRESENTI IN CIMITERO DURANTE IL DUPLICE OMICIDIO

 

“Io ero andata alla tomba di mio marito, morto da due mesi – racconta la donna ultraottantenne-. Poi sono andata sulla tomba di mia madre. Ho sentito un botto. La signora accanto a me ha detto scappiamo, scappiamo. La tomba è vicino al muro dell’orto, al vecchio cimitero. La signora era vicina alla sua tomba e io ero distante 4 – 5 loculi. Al secondo colpo ha detto scappiamo e io sono scappata. Abbiamo avuto paura. Abbiamo capito che c’era qualcosa che non andava. Siamo scappate all’interno del cimitero, poi ho sentito “uscite, uscite” e siamo usciti. Io sono andata via a piedi perché abito dietro il cimitero, a 500 metri perché mio marito era malato di Alzheimer e scappava mi sono trasferita in campagna”.

 

Il secondo teste presente all’interno del cimitero la mattina dell’omicidio racconta che si era recata alla tomba del marito e stava depositando dei fiori. “Ho sentito dei colpi e pensavo fossero per Halloween. Poi hanno detto dei spari e siamo scappati. Mi hanno detto successivamente che c’erano due morti nel cimitero che conoscevo, Elda Costabile e Ida Attanasio. Stavano lontano da casa mia. Non avevo rapporti con le due donne; quella mattina non l’ho viste. Non ricordo quanti spari, 3 – 4. Sono corsa fuori in macchina. Ho visto la gente che correva e sono corsa anche io. La mia cappella è vicino al cancello d’uscita e sono corsa a casa. Luigi Galizia abita in paese, ma quella mattina non l’ho visto. Non so che autovettura abbia. I familiari li conosco perché il paese è piccolo ma non ho nessun rapporto”.

I RAPPORTI IN FAMIGLIA

Ultimo teste dell’udienza la compagna di un cugino di Luigi Galizia, la quale poco ha potuto raccontare in quanto abita a Spezzano albanese e in quel periodo era in attesa del primo figlio. «Ho rapporti normali con la famiglia Galizia. Ero in attesa e in quel periodo non frequentavo molto il paese. Io vivo con il mio compagno a Spezzano albanese. Lui per un periodo non si è parlato con Luigi ma alla morte di Damiano si sono riappacificati. Frequentavo poco anche casa di mia suocera per via della gravidanza». L’accusa ha chiesto se qualcuno covasse rancore nei confronti di attanasio. «A casa Galizia hanno sofferto tutti, è normale. Luigi ha sofferto molto per la sua perdita perché con Damiano erano uniti. Stavano sempre insieme«. Nega poi di aver detto che c’era rancore in casa. «Ho detto che c’era una grande sofferenza per la grave perdita non rancore». E su Attanasio «Ho sentito dire da mio suocero che erano amici. Io non ho mai visto Francesco Attanasio». Francesco Attanasio è difeso dal legale Formica. La famiglia è rappresentata dall’avvocato Ingrosso. Luigi Galizia è difeso dai legali Boccia e Badolati. Il processo è stato aggiornato al prossimo 30 ottobre.

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