Sedicenne muore in sala operatoria, responsabile condannato per falsa testimonianza

La ragazzina, morta a Cosenza, era stata ricoverata per un’appendicite quando nel corso dell’intervento si è verificato un black out. Tra gli indagati una donna che per ‘premio’ fu posta a dirigere l’Annunziata.

 

VIBO VALENTIA – Voleva coprire i medici, ma non ci è riuscito. Falsa testimonianza e calunnia, piu’ il risarcimento alle parti civili. Questo il verdetto per il quale il Tribunale di Vibo Valentia ha condannato a due anni Antonio Messina, all’epoca dei fatti responsabile dell’ufficio manutenzione dell’ospedale “Jazzolino”, nel processo denominato “Federica-ter”. Si tratta del terzo troncone dell’inchiesta sul decesso di Federica Monteleone, la 16enne di Vibo Marina morta a Cosenza trasferita in ospedale nel gennaio 2007 dopo un black-out nella sala operatoria del nosocomio di Vibo durante un intervento di appendicite. Il cuore della ragazzina cessò di battere nella sala di rianimazione dell’Annunziata dopo una settimana di coma lasciando di stucco i genitori increduli della disgrazia scaturita da un piccolo intervento chirurgico.

 

Altri sette imputati, fra elettricisti, progettisti e direttori dei lavori delle nuove sale operatorie erano già usciti dal processo grazie alla prescrizione. Era stata la Cassazione (condannando altre 7 persone in via definitiva per il decesso di Federica) ad affermare che durante l’esame di alcuni testi nel processo principale erano state rese delle false testimonianze e delle calunnie nei confronti dei medici che hanno operato la ragazza. Da qui un nuovo processo e la condanna per l’allora responsabile dell’ufficio manutenzione dell’ospedale di Vibo.

 

Scagionata dalle accuse di omicidio colposo per la morte di Federica Monteleone, una delle persone indagate, Filomena Panno era stata nominata alla fine del 2014 direttore dell’azienda ospedaliera di Cosenza. L’avvocatessa sostituì Paolo Maria Gangemi, indagato per false fatturazioni e noto per non aver mai segnalato oltre 60 morti sospette a seguito di trasfusioni che, in seguito, si scoprì venivano attuate con sangue contaminato da un particolare batterio. La nuova dirigente implicata nella morte di Federica Monteleone fu nominata dall’ex Giunta Scopelliti nonostante il divieto del Ministero della Salute. Anche Filomena Panno, avvocatessa originaria di Oriolo, è stata assolta nell’ambito del processo che la vedeva indagata in qualità di ex direttore amministrativo dell’Asl di Vibo Valentia.

 

I NOMI DEGLI INDAGATI PER LA MORTE DI FEDERICA

 

Benito Gradia e Giovambattista De Iorgi, furono i due chirurghi che avevano operato la ragazza. Indagati anche l’infermiere Mario Silvestri e l’ex direttore amministrativo dell’Asl di Vibo, Filomena Panno. Le assoluzioni sono diventate definitive dopo che i giudici della Corte d’Appello di Catanzaro hanno dichiarato inammissibile l’appello presentato da Mario Spagnuolo, Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia. In Cassazione invece sette persone erano già state condannate in via definitiva per il reato di concorso in omicidio colposo. Si tratta di Francesco Talarico, ex direttore generale dell’Asp di Vibo ( 2 anni e 4 mesi); Roberto De Vincentis, ex direttore dei servizi tecnici dell’Asp (2 anni); Antonino Stuppia, titolare dell’impresa che ha realizzato l’impianto elettrico nella sala operatoria (2 anni); Francesco Costa, anestesista (1 anno e 6 mesi); Pietro Schirripa, ex direttore sanitario dell’ospedale di Vibo (1 anno e 4 mesi); Antonino Bruni, ex consulente tecnico dell’Asp, incaricato di seguire i lavori nella sala operatoria (1 anno e 4 mesi); Nicola Gradia, responsabile dell’area tecnica dell’Asp (1 anno e 4 mesi).

LA RABBIA DEI GENITORI E L’AFFETTO DEI COSENTINI

 

“Sono la mamma di Federica e per prima cosa vorrei porgere i miei ringraziamento alla comunità di Cosenza che in quei sette giorni all’Annunziata si è presa cura di noi. Persone che venivano con una cioccolata calda, altre ad offrirci un alloggio per rinfrancarci. Ragazzi che in punta di piedi quel maledetto 26 gennaio entravano a poggiare una rosa e si trattenevano in preghiera come davanti ad una Santa e poi quello striscione legato al muro di cinta dell’ospedale come ultimo saluto. Molti sono venuti anche a Vibo Marina a casa e al cimitero e con tanti è rimasta una bella amicizia. Detto questo la sentenza di oggi ci fa tanta rabbia come quella che vide assolta la Panno in primo grado e non ci fu possibilità di appello per avvenuta scadenza dei termini. Mi correggo. Quella di oggi fa più rabbia perché su otto imputati un po’ per incompatibilità, un po’ per mancanza di giudici si arriva a sentenza solo per uno. Per di più condannato anche a risarcire uno dei medici che ha ucciso mia figlia e già condannato in Cassazione. Questa si chiama giustizia?”.

 

 

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