Giù le mani dai morti, la colpa è di tutti. Lutto e scaricabarile sul rogo di Cosenza Vecchia

Ad accomunare i cosentini è lo sdegno generalizzato.

 

COSENZA  –  Alcuni parenti di Antonio Noce e Roberto Golia, morti nel rogo avvenuto nel centro storico di Cosenza, insieme a Serafina Speranza, hanno incontrato questa mattina il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto. Nel corso dell’incontro hanno ringraziato il Comune per essersi fatto carico delle spese dei funerali delle vittime e per aver istituito, per la giornata odierna, il lutto cittadino. Intanto sono molteplici le dichiarazioni dopo le quattro morti registrate nel centro storico. Rimbalzano da una parte all’altra dei gironi politici danteschi. Pochi, però, si ricordano del cane che cerca di uscire dalle grate. La speculazione sulle vittime (annunciate) della tragedia continua invece imperterrita a rinascere dalle ceneri del palazzo e dei manoscritti. Gli avvoltoi si aggirano sul cielo che sovrasta il Duomo, in una cappa di parole al veleno di tanti ‘giudici’ popolari più fitta del fumo di venerdì 18 agosto a Cosenza Vecchia. I morti non riposeranno ancora, statene certi.  Da destra a sinistra, accuse e ripicche. Nessuno ha il coraggio di parlare delle soluzioni al degrado, alle misure che faranno riemergere il centro storico di Cosenza dall’abisso. Nessuno parlerà del fracasso di anni e anni di politiche sociali. Nessuno lo farà dei palazzinari di turno e della cultura mortificata e rattrappita. Il moto di ribellione dei cosentini chissà in quanti solai fatiscenti e polverosi è rinchiuso. Ciò che accomuna è lo sdegno generalizzato.

 

 

IL CORDOGLIO E LA RABBIA DEL CENTRO SINISTRA

Tutti impegnati a piangere, a fare ‘propri’ i morti e la cultura. Tutti paladini della risurrezione di Cosenza Vecchia. Il PD, all’opposizione dell’amministrazione Occhiuto, il giorno dopo l’accaduto ha subito indetto una conferenza stampa ad hoc. Sembravano le primarie: un raduniamo le truppe e rastrelliamo. In una nota il Partito Democratico parlando come se il centro storico stia crollando da soli sei anni e il deterioramento sociale sia figlio dell’ultimo decennio ha dichiarato: “La tragedia del centro storico di Cosenza ha messo a nudo una realtà fatta di degrado sociale, emarginazione e abbandono. Quello che è successo può ancora accadere ed è frutto di un’assenza da parte delle istituzioni e di politiche di inclusione sociale, di assistenza, ma anche di un maldestro tentativo di rimozione di un degrado sociale ed edilizio della nostra città principalmente nel centro storico e nei quartieri periferici e popolari. Questo ha portato a una forte sottovalutazione del fenomeno da parte di chi doveva intervenire, in particolare in questi ultimi sei anni”. All’attacco il centro sinistra definisce il sindaco di Cosenza affetto da “ansia da prestazione  e megalomania di un sindaco che punta al successo di un modello amministrativo per l’affermazione id una città effimera e oscurare la città reale”.

 

I CHIARIMENTI DEL SINDACO DI COSENZA

 

Poi c’è il centro destra, con il sindaco Occhiuto che parla in un post su facebook di sciacallaggio mediatico: “La sinistra cosentina, responsabile di tutti i disastri lasciati in eredità dagli ultimi decenni di governo della città, ha perso un’occasione per stare in silenzio. Poteva e doveva farlo, almeno in questa circostanza così dolorosa evitando di strumentalizzare tutto come fanno gli sciacalli”. Il primo cittadino di Cosenza ne ha per tutti, Asp inclusa: “La cura del disagio psichiatrico non è proprio nei nostri mezzi e nelle nostre capacità. Le povere vittime infatti erano ammalati di mente in cura presso il centro di salute mentale dell’Asp, quindi gli assistenti sociali (che pure più volte sono intervenuti) non avrebbero potuto risolvere il problema. Se mai, se proprio si vuole andare alla ricerca di eventuali responsabilità – continua Mario Occhiuto – bisognerebbe indagare sulla inadeguatezza del sistema sanitario regionale, perché non possono essere lasciati da soli ammalati gravi in condizione di nuocere anche a loro stessi”.

 

E, si badi, “perché un incendio – scrive il sindaco di Cosenza – può svilupparsi in qualunque abitazione in qualsiasi posto della città” . Ci chiediamo cosa importa allora se per domarlo l’incendio i vigili del fuoco neanche sapevano come fare visto che l’acqua, nel centro storico nei pozzetti, non c’era. “Le povere persone coinvolte – chiarisce Occhiuto – abitavano da trent’anni in una casa di proprietà nel centro storico e avevano occupato abusivamente una porzione di immobile contigua. Nella casa erano accumulati decine di quintali di rifiuti che sono stati probabilmente la causa dell’incendio. Negli anni del nostro governo (prima non mi risulta sia stato fatto niente di niente) si è intervenuto con bonifiche delle aree esterne di pertinenza, poiché non è possibile intervenire all’interno delle abitazioni private”.

 

I MANOSCRITTI DI TELESIO E I CARTEGGI CON GALILEI DISTRUTTI

 

Capitolo a parte merita la rabbia per la perdita del manoscritto di Telesio. Vengono prima le persone, poi le cose qualcuno ha detto. Ma siamo certi che sono da catalogare classicamente come ‘cose’ le icone dell’identità e cultura di una città?  Il dirigente scolastico del liceo classico “Telesio”, Antonio Iaconianni, prosternato per cotanta perdita , ha lanciato l’appello “affinché li affidino alle cure del Liceo che vanta un’ottima biblioteca che garantisce, per le eccellenti condizioni di custodia e cura dei volumi e dei manoscritti, l’habitat ideale per la conservazione di questi preziosi oggetti che sono scrigno per la storia della città di Cosenza e del Meridione tutto”. E anche Occhiuto si associa alla cordata: “Colgo l’occasione per lanciare un appello a chi detiene in casa, o in altri luoghi privati, testi importanti per la storia e la cultura cittadina, affinché possa farli custodire in siti più sicuri e sorvegliati. Era una biblioteca con testi non inventariati né dichiarati,  per cui non conosciamo con esattezza il valore se non per le dichiarazioni del proprietario Roberto Bilotti”.

 

IL LUTTO E LO SCARICABARILE

 

Questo quanto afferma il sindaco di Cosenza anche se sembrerebbe che il Centro Studi Telesiani abbia contezza di ciò che era conservato nella biblioteca ubicata nella vecchia Torre del Duomo di Cosenza. Un manoscritto antico giaceva a due passi da un posto in cui sarebbe sopravvissuto al tempo e alla trascuratezza umana, inutile girarci intorno. Quei testi, patrimonio documentale di Cosenza, dovevano essere tutelati con l’impegno di tutte le istituzioni. E non abbandonati, confidando nella buona volontà del proprietario Roberto Bilotti (che da otto anni chiedeva interventi). Così non è stato. Poco importa di un testo vecchio, poco importa se la cultura ripaga. Il manoscritto, donato o regalato alla città, lì non doveva rimanere.

 

Anche in questo caso, fiumi e fiumi di polemiche si scriveranno sulla liceità della conservazione culturale privata e nobiliare, quando ciò che interessa è che Cosenza Vecchia cada e risorga dalle sue ceneri in qualcosa di nuovo. Cosa non si sa. Intanto sono tutti in fila quando si tratta di dare paternità ai morti. Erano ‘nostri’ e piangiamoci su.  Ma se cerchiamo delle responsabilità, il mea culpa non esiste. L’incendio una volta domato, Amen per le vittime, ha acceso la politica dello scaricabarile tanto amata dai circoli politici nostrani: la colpa è di destra, la colpa è di sinistra, la colpa è del privato e la colpa è dell’Asp. La verità non una sola, la verità è relativa. Sì, perchè la colpa è di tutti. Tutti pronti a scagliare la prima pietra, senza sapere che invece si tratta di un boomerang.

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