Triplice omicidio di Cassano: mamma, zia e nonna di Cocò davanti ai giudici. Occhi colmi di lacrime

Le tre donne hanno oggi testimoniato in aula. Mistero sulla pistola che Iannicelli portava con sé in auto.

 

COSENZA – Giovani donne distrutte da una furia omicida che ha travolto le proprie vite. La nonna del piccolo Cocò Campolongo, Anna Maria Lucera, ha soli quarantasette anni e ha conosciuto il padre dei suoi figli quando era ancora tredicenne. Oggi in aula ha ripercorso il dramma familiare che sta vivendo da quel maledetto 16 gennaio 2014. Una testimonianza a cui hanno fatto eco le dichiarazioni delle figlie Simona Iannicelli e Antonia Maria Iannicelli mamma del bimbo trucidato all’età di soli tre anni. Le donne sono in stato di detenzione da prima che Cocò Campolongo, Giuseppe Iannicelli e la marocchina Ibtissam Touss venissero uccisi e dati alle fiamme tra le campagne di Cassano allo Ionio a poche centinaia di metri dall’abitazione della famiglia Iannicelli.

 

Sostanzialmente hanno reso dichiarazioni identiche tra loro inanzi al collegio giudicante presieduto da Giovanni Garofalo con a latere il giudice Francesca De Vuono. Rispondendo alle domande del difensore delle parti civili hanno raccontato della relazione tra il fratellino di Antonia, Giuseppe Junior e la figlia di Cosimo Donato accusato insieme a Faustino Campilongo di aver ucciso Giuseppe Iannicelli ovvero suo padre. Le tre donne hanno spiegato che dal ritrovamento dei cadaveri Cosimo Donato aveva vietato alla ragazzina di frequentare il proprio fidanzatino con il quale aveva comunque continuato a sentirsi telefonicamente di nascosto.

 

Un atteggiamento anomalo che la mamma, Anna Maria Lucera, non pensava potesse essere giustificabile vista la sua assenza e la tragedia appena consumatasi. Credeva che la ragazzina avrebbe potuto aiutare il figlio appena sedicenne a lenire le ferite del trauma subito. Ma così non è stato. Al momento dell’arresto di Donato i rapporti tra i due adolescenti sono poi stati definitivamente interrotti. In famiglia era Giuseppe Iannicelli l’uomo che provvedeva al mantenimento di tutta la famiglia che attualmente versa in condizioni economiche estremamente precarie. Solo la nonna di Cocò, Anna Maria Lucera è riuscita a trovare un lavoretto che riesce a fare pur essendo detenuta nel penitenziario femminile del Pollino.

 

Alle criticità finanziarie si aggiunge la straziante condizione emotiva in cui sono costrette a vivere che è stata espressa con chiarezza dalla mamma di Cocò la ventottenne Antonia Iannicelli: “sono due anni che non vedo le mie altre due figlie perché le hanno portate in una struttura protetta. Io e mio marito (anch’egli ristretto in carcere) siamo in ottimi rapporti, ma soffriamo molto. Questa situazione ci ha distrutto. Chiedete se mio figlio Nicola conosceva i due uomini accusati del triplice omicidio? Certo che sì. Lo so per certo perché quando io ero a casa ai domiciliari loro venivano sempre a trovare mio padre e lui li vedeva”. Resta il mistero su dove sia finita la pistola di Iannicelli, mai ritrovata. L’arma, una 7.65 dalla matricola abrasa, come confermato dalle tre donne l’uomo era solito portarla sempre in auto, stipata sotto il sedile.

 

”Spero che trovate la pistola se no mi faccio 30 anni” questo avrebbe detto durante un colloquio captato in carcere Cosimo Donato ai suoi familiari. Dopo aver pedinato i congiunti di Donato gli inquirenti hanno rinvenuto una rivoltella che però non è risultate essere compatibile con i bossoli sparati per uccidere il bimbo, il nonno e la ragazza marocchina che ufficialmente aiutava Giuseppe Iannicelli nelle faccende di casa data l’assenza delle donne. Nel corso dell’udienza odierna nulla è stato chiesto alle donne in merito ai sospetti che nutrivano all’indomani della scomparsa di Iannicelli a causa dei litigi con altri uomini presunti appartenenti alla criminalità organizzata che erano avvenuti in quel periodo e delle minacce ricevute tra cui un proiettile recapitato a casa in una busta indirizzata alla nonna del piccolo Cocò.

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