COSENZA – Sospetti di corsia. La sanità calabrese, già da tempo al centro di roventi polemiche, per via di quella politica dei tagli e del contenimento dei costi, imposti dal piano di rientro, finisce nuovamente sotto l’occhio del ciclone, travolta da un presunto nuovo caso di malasanità. La vittima di turno ha settant’anni ed è una donna, distrutta da un cancro, non diagnosticato. La pensionata, secondo il racconto-denuncia presentato dai familiari alla Procura della Repubblica di Cosenza, soffriva da tempo di un fastidioso prurito, localizzato nella parti intime.
Un fastidio crescente e doloroso, per il quale la donna aveva deciso di rivolgersi ad una struttura sanitaria privata, convenzionata con il Servizio sanitario nazionale, per sottoporsi ad approfonditi accertamenti specifici. La richiesta della donna venne accolta, tanto da essere inserita nel giro delle prenotazioni urgenti, effettuate da un anatomopatologo. Lo specialista, dopo aver effettuato dei test medici, avrebbe rassicurato la paziente sulle sue condizioni di salute, diagnosticando alla donna nulla di particolarmente serio, ma solo una semplice allergia. Per far passare quel fastidioso bruciore e far lentamente assorbire l’allergia, l’anatomopatologo, avrebbe prescritto alla donna una cura a bvase di applicazioni locali con una pomata, nella zona interessata dal prurito. Uscita dal consulto, in evidente stato di relax tranquillità, la settantenne iniziò immediatamente la terapia prescrittale, senza, però, riscontrare con il passare dei giorni alcun miglioramento. Anzi, il bruciore fastidioso s’accentuò, al punto da costringere la donna e i suoi familiari a prendere nuove strade per ottenere una diagnosi. Dopo qualche giorno, la decisione di partire per un centro specializzato di Milano. I medici del centro sanitario lombardo, dopo aver visitato la donna, si resero conto che la diagnosi era assolutamente errata e che la cura prescritta era inservibile per quella brutta patologia di cui la paziente era affetta: un cancro. L’anziana, dopo essere stata sottoposto alle classiche indagini di routine, pre-ricovero, venne visitata scrupolosamente da alcuni specialisti che, diagnosticarono alla paziente non una banale allergia ma un turgore, ormai in avanzato stadio, con lo sviluppo di metastasi in diverse organi vitali. L’ipotesi di un intervento chirurgico salvavita, considerato anche l’ampliamento dell’infezione tumorale, seppur presa in considerazione, venne scartato. Si preferì intervenire chirurgicamente per una pulizia di alcune cellule “intaccate” dal morbo incurabile. Ma, nonostante tutto, gli specialisti milanesi a cui la donna si era rivolta non sono riusciti a combattere il “demone” della malattia che, progressivamente, ha aggredito la donna, intaccandone alcuni organi vitali ed indebolendone difese immunitarie e fisico. Dopo un trasferimento d’urgenza presso l’ospedale di Crotone, la donna s’è spenta, debilitata dal male che è arrivato ad intaccarle cuore, polmoni e respiro. Dopo la presentazione dell’esposto-denuncia in procura, il capo dei pm Dario Granieri e il sostituto procuratore Antonio Bruno Tridico, titolare dell’inchiesta,. hanno aperto le indagini e , attraverso l’acquisizione delle cartelle cliniche ed il confronto tra le due schede di ricovero, hanno iscritto nel registro degli indagati l’anatomopatologo. Ora si attendono ulteriori novità. mentre la giustizia fa lentamente il suo corso alla ricerca di una verità da cristallizzare in accuse precise, i familiari della settantenne piangono disperati la morte della loro congiunta uccisa da una diagnosi errata e dal pressappochismo di un camice bianco.