‘Nuova famiglia’: cocaina, poliziotti amici e spartizioni, parlano i ‘pentiti’ Bruzzese e Foggetti

I due collaboratori di giustizia hanno ricostruito parte delle dinamiche interne al clan Rango – Zingari e la partnership con gli ‘italiani’.

 

COSENZA – Nuova udienza oggi presso il Tribunale di Cosenza nel processo a carico di dodici persone accusate a vario titoli di associazione a delinquere, detenzione illegale di armi e spaccio di sostanze stupefacenti. Un business florido, attivo sia in città sia nell’hinterland di Cosenza, su cui l’inchiesta Nuova Famiglia ha tentato di far luce. Alla sbarra i dodici dei quarantasette imputati che hanno scelto di essere giudicati con rito ordinario (in trentatré sono stati processati con rito abbreviato e due assolti). Si tratta di Franco Bruzzese, Daniele Lamanna, Stefano Carolei, Gianluca Cinelli, Sharon Intrieri, Jenny Intrieri, Gianluca Marsico, Giovanni Fiore, Anna Abbruzzese, Francesco Vulcano e i gemelli Antonio e Alessio Chianello.

 

LE DICHIARAZIONI DI FRANCO BRUZZESSE

 

“Sono entrato nel clan degli zingari nel 2000. L’affiliazione – racconta Franco Bruzzese in videoconferenza – è avvenuta nel carcere di Cosenza, con il ‘battesimo’ di mio fratello Giovanni e mio cugino Giuseppe. Ci occccupavamo di rapine ed estorsioni e la nostra attività criminale era coordinata con gli altri clan insieme a cui controllavano il territorio. Io, come noto, ero specializzato nelle rapine ai portavalori, gli altri del gruppo si dedicavano alle estorsioni e allo spaccio di stupefacenti. I proventi confluivano in una bacinella comune. Nel ’99 sono stato arrestato e poi nel 2001 sono uscito e ho continuato a ‘lavorare’. Nel  2004 e nel 2013 ho avuto delle ‘promozioni’ che mi hanno portato a ricoprire un ruolo di vertice fino al momento della mia collaborazione con la giustizia. Quando ero in carcere, mi riferivano delle nuove affiliazioni o quando venivano sotto le finestre a a parlarmi o quando entravano e durante la detenzione comune mi raccontavano le varie evoluzioni. Se non riuscivano ad informare me si rivolgevano ai sottocapi.

 

LE DICHIARAZIONI DI ADOLFO FOGGETTI

 

Adolfo Foggetti non avrebbe voluto rilasciare alcuna dichiarazione oggi in aula. Il collaboratore di giustizia ha infatti fatto presente di non essere abbastanza lucido in quanto psicologicamente provato per la delicata situazione familiare che da sei mesi sta vivendo a causa di problemi sorti con il servizio centrale di protezione. Dopo brevi momenti di tensione in aula il collegio giudicante presieduto dal giudice Enrico Di Dedda ha deciso di procedere comunque all’audizione di Foggetti. La testimonianza, come per Bruzzese, è partita dal racconto dell’affiliazione. “Sono entrato nel gruppo nel 2002 all’epoca di Michele Bruni dei Bella Bella, era stato lui a fare un accordo con Giovanni e Franco Bruzzese che in quel periodo avevano problemi con i Lanzino. Poi – chiarisce Foggetti – dopo l’omicidio di Luca Bruni il gruppo si è disarticolato ed i capi sono diventati Rango e Bruzzese. Luca è stato ucciso per le intercettazioni captate nel carcere di Lecce durante un colloquio con il fratello Michele al quale confidava l’intento di voler collaborare con la giustizia. Avevamo i fogli in cui erano state trascritte, la prima volta che ho visto queste intercettazioni ero con Franco Bruzzese. In un secondo momento le lessero anche Daniele Lamanna, Patitucci, Porcaro e Rango. Mi ricordo che mentre ero a casa di quest’ultimo andai a fare delle fotocopie di questi atti in via degli Stadi perchè servivano due copie da portare a Franco Presta ed Ettore Lanzino che erano latitanti. Sarebbero stati Patitucci e Porcaro ad occuparsi di recapitargliele”.

 

‘ITALIANI’ E ‘ZINGARI’ UNITI DALL’OMICIDIO BRUNI

 

“Per spartirci i proventi dell’attività criminosa, – continua Foggetti – avevamo istituito una cassa comune. I soldi versati nella bacinella andavano poi per il 40% a noi e per il 60% agli ‘italiani’ che erano di più a livello numerico. Degli italiani ricordo Umberto Di Puppo, Alberto Superbo, Robertino Porcaro, D’Ambrosio. Quello che c’era da fare si faceva: dall’omicidio al traffico di droga. Per la droga i punti di riferimento erano Sottile e Porcaro. La dovevamo prendere tutti da loro. Per quanto mi riguarda ero stato messo come reggente a Paola per conto dei cosentini dopo una riunione a Rende con Maurizio Rango, Mario Gatto, Roberto Porcaro e Daniele Lamanna. Il denaro di Paola lo portavo a Cosenza e poi lo dividevamo. Una volta per un’estorsione ci siamo trovati a discutere con Luigi Muto perchè c’era uno che non voleva pagare, poi è stato chiarito che Paola era ‘nostra’ e loro operavano, come da tradizione, su Cetraro. Tra i Muto e noi c’erano rapporti di amicizia, avevamo avuto qualche fraintendimento per la gestione dei buttafuori nelle discoteche, ma poi tutto era stato chiarito grazie a Patitucci. Eravamo stipendiati, io prendevo circa 1.800 euro al mese.

 

IL TRAFFICO DI SOSTANZE STUPEFACENTI

 

Per quanto riguarda la droga arrivava da Cassano, la portavano Filippo Solimando e Luigi Abbruzzese. Eroina e marijuana venivano importate dall’Albania. Noi ci occupavamo anche di recuperare i crediti di droga contratti con i reggini. Mi è capitato di andare a Gioiosa Jonica da Nico Alvaro a parlare di carichi e soldi. i reggini però si occupavano di far arrivare direttamente la cocaina a via degli Stadi, noi andavano solo a prendere accordi verbali. Carolei aveva iniziato a vendere la droga con il suocero in maniera indipendente e non si riforniva da noi. La ragola però a Cosenza era chiara: tutto doveva passare da noi. Gli abbiamo quindi fatto ‘danni’, incendiato auto sotto casa e lui ha iniziato a collaborare con noi. Per la cocaina indirizzavamo tutti verso Ettore Sottile, per il ‘fumo’ e l”erba’ a Leonardo Bevilacqua e a Stefano Carolei. La famiglia dei Banana, ovvero tutti i figli di Fioravante invece si occupavano dell’eroina. Personalmente ciò che veniva recuperato a Paola dalla vendita degli stupefacenti io lo portavo a Cosenza e lo consegnavo ai ‘cosentini’. Tra queste divisioni di ruoli c’era anche Enrico Costabile che aveva una funzione delicatissima, si occupava di parlare con la ‘talpa’. Non so chi fosse esattamente, ma di sicuro era un poliziotto che ci faceva trovare miscrospie e telecamere. In più questo ispettore di polizia ci informava, sempre attraverso Costabile, delle indagini in corso a nostro carico”. Il processo è stato aggiornato al prossimo 13 Dicembre.

 

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