COSENZA – Domani è il giorno del giudizio in Cassazione per don Alfredo Luberto.
La vicenda è legata alla sua residenza di lusso e al crac dell’Istituto Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello. Finito sotto processo in quanto presidente dell’istituto chiuso dalla magistratura, don Luberto è stato condannato in primo grado dal Gup di Paola a sette anni di reclusione, che in appello sono stati ridotti a cinque. Il religioso era finito sotto processo per aver distrutto una struttura di proprietà della diocesi cosentina e non ha, al momento, trascorso neanche un solo giorno in carcere, ma solo un periodo di detenzione ai domiciliari. E mentre l’istituto che ospitava 360 degenti affetti da problemi psichici era stato sequestrato per gravissime carenze igienico sanitarie e mancanza di fondi, lui si godeva il lusso nella sua abitazione posta nel centro città. Il pm Facciolla aveva ricostruito le distrazioni, i raggiri e gli ammanchi di denaro investito non nella struttura ma nel parquet di casa, nell’idromassaggio, nella tecnologia e nell’antiquariato. Intanto i pazienti contraevano la scabbia o fuggivano eludendo la sorveglianza o scomparivano misteriosamente. Uno scandalo che ha sconvolto l’Italia intera e che ha visto il religioso utilizzare i fondi per soddisfare esigenze personali. Domani in Cassazione si deciderà se confermare la pena per il sacerdote con il vizio per il lusso. Ricordiamo che Luberto è accusato di associazione a delinquere, truffa, falso e appropriazione indebita.