COSENZA – La riscossa degli “invisibili”. Gli invisibili (termine che detesto, ndr) sono quelle persone che, per sfortuna,
per imposizione della vita o per scelta, si sono ritrovati a fare i conti con la strada, condividendo la loro vita con la povertà, sfamandosi di smog e solitudine e ritrovandosi, spesso, a rimbalzare davanti ai muri dell’indifferenza eretti, per stupidaggine, ignoranza o presunzione, da chi pensa che la diversità, in tutte le sue forme, sia un male, che la povertà sia “contagiosa” e che la solitudine sia una condizione voluta. Ovviamente e, aggiungo, per fortuna, la gente con i paraocchi e vestita di “saccenza”, è minoritaria, rispetto a quell’altra grande ed estesa fetta di popolazione che aiuta chi ha bisogno. Una bella storia di riscatto arriva da Milano. La raccontano, attraverso il loro blog, il proprio sito e la loro pagina Fb, i “clochard alla riscossa”.Il gruppo che ha unito tutte le persone che si ritrovano unite nella condizione di povertà, s’è costituito in un vero e proprio sindacato.
I CLOCHARD ALLA RISCOSSA – Le stazioni come camera da letto e le biblioteche come salotto. Esiste una Milano parallela in cui i luoghi assumono un significato diverso. È la Milano dei clochard, dove anche una galleria del centro può diventare una casa. il fondatore – Wainer Molteni si definisce il sindaco dei barboni e questa città invisibile la conosce bene perché per molti anni ha vissuto in strada e ora fa di tutto per diffondere il bene che la vita, nonostante le sventure, gli ha regalato. Wainer ha quarant’anni, una laurea alla Statale di Milano e molti ricordi alle spalle. Gli ultimi otto anni li ha trascorsi a vivere per strada, e con altri cinquanta volontari e diverse associazioni collabora al progetto antifreddo del Comune di Milano.
LA SUA STORIA – Prima era responsabile del personale di un supermercato, poi la bancarotta fraudelonta dell’azienda, il fallimento e la disoccupazione. Figlio unico, i genitori morti diversi anni prima, nessun legame. L’affitto da pagare che incombe ogni fine mese, poi sono scaduti i documenti e senza un domicilio il rinnovo non arriva. Quindi il trasloco nella galleria San Cristoforo e i primi contatti con il Comune di Milano. Oggi Wainer vive in una casa assegnatagli dai sevizi sociali e fa parte dell’associazione “Clochard alla riscossa”. La sua vita è una continua frenesia, un continuo aiutare il prossimo, quei clochard con cui ha condiviso la strada, gli stessi che definisce “barbafratellini”.
LE STANZE DA LETTO – I treni ogni notte sono presi d’assalto dai senza fissa dimora: centinai di persone che arrivano in stazione alle 11 di sera, aspettano il parcheggio del treno e fino alle cinque del mattino non li sveglia nessuno. Alla biblioteca Sormani dalle 9 del mattino alle 19.30 è la casa di decine di senza fissa dimora, siamo di casa e se qualcuno di noi manca sono gli operatori stessi a chiedere dove siamo finiti. E questa è diventata la sede di “Clochard alla Riscossa”.
LA MENSA SOTTO LE STELLE – A 70 metri dal Duomo, 50 dall’Arcivescovado, ogni domenica sera va in scena una festa del fai-da-te. Accade alle 21, davanti alla vetrina di Bloomberg e alle quotazioni di Wall Street che scorrono sui monitor. Due tavoli bianchi poggiati su cavalletti, cinque o sei volontari, ed ecco la cena per trecento clochard, ordinatamente in fila. Dall’antipasto al dolce, in piatti e con posate di plastica. È la «mensa sotto le stelle», ormai tradizione per i poveri e per il centro della città. Nata con la primavera, coinvolge sempre più milanesi, pronti a offrire vassoi di alluminio carichi di salumi, pasta, insalata di riso, polpettoni, carne già tagliata, verdure, ma anche torte, spazzolate a tempo di record. A pochi metri, il «Barbabar», altro banchetto che serve da bere, rigorosamente gratis e senz’alcol. C’è una sorta di disciplina, nell’apparente disordine della piazza, la chiave per essere ammessi alla mensa. Nella ressa, nessuno aggira la coda. C’è una regola tacita, come tacito è l’accordo, alla fine, per ripulire portico e marciapiedi dai resti della cena, mettendo gli involucri nei sacchi neri, mentre qualcun altro lustra i tavoli. Alla fine della serata, è come se nulla fosse accaduto. Ma tutto non finisce con la cena. Ultimo atto della mensa, infatti, è la distribuzione di abiti e scarpe, scaricati sugli stessi tavoli e assegnati a chiamata. «Chi ha il 42 di piede?» «A chi serve un pantalone taglia 48?» «Una Polo L?» E, anche se la stagione è cambiata, qualcuno accetta la coperta. A cento metri c’è il comando dei vigili di Piazza Beccaria, che osservano e tollerano senza cenni di disagio. Di fatto, è come se il Comune avesse dato un tacito patrocinio all’idea. Non potendo probabilmente farlo per ragioni tecniche, legate alle tortuose autorizzazioni che dovrebbe richiedere una vera e propria mensa. Ma la validità dell’iniziativa è tale da sconfiggere anche la burocrazia. Il tutto si svolge tra l’altro senza che nessun passante protesti o ne venga nemmeno troppo incuriosito, quasi si ammantasse di una fisiologica aura di naturalezza. IL SINDACATO – Il primo sindacato dei senza fissa dimora Wainer l’ha fondato nel 2005 insieme ad altri senza tetto: non bastava il sistema assistenziale tradizionale, le mense, i dormitoi. Wainer voleva per loro una casa, una possibilità di cambiamento, il futuro. Hanno occupato stabili pubblici e privati, «abbiamo occupato Malamanera, Maggianico, il Bulk e Pergola, è partita da lì la nostra riscossa, la voglia di cambiare». In via Maggianico effettivamente esisteva un dormitorio pubblico che Wainer e compagni decisero di occupare per qualche mese. Oggi il sindaco dei barboni che -lo sottolinea anche sulla pagina Facebook del sindacato- ha come datore di lavoro “la strada”, di chilometri ne macina parecchi: a stretto contatto con l’amministrazione, o preso nell’organizzazione di un dj set, di una mensa sotto le stelle, di un servizio di cucina a domicilio, di una cena insieme ai “barba fratellini”in Piazza Fontana. Alle stoviglie, a un piatto caldo, a un conforto ai clochard disseminati per Milano ci pensano loro, i volontari che ogni giorno offrono il proprio generoso aiuto. Ci pensa il Comune che mantiene un dialogo con il sindacato. Ci pensano i cittadini, che danno una mano a che il progetto cresca.
L’ESPERIMENTO TOSCANO – La prima fattoria completamente gestita da clochard. Dodici senzatetto, assunti per un anno, con regolare contratto avranno il compito di gestire gli animali, il frutteto, l’oliveto e le stanze per ospiti di un casale ristrutturato del ’400, messo a disposizione da una coppia di coniugi, insieme al terreno di 67 mila metri quadrati. A gestire la cooperativa di senzatetto è il gruppo dei «Clochard alla riscossa», fondato da Wainer Molteni, giovane sociologo che fino all’inverno scorso dormiva, da otto anni, su un cartone nella galleria De Cristoforis, dietro il cinema Apollo a Milano. Ora Wainer è diventato consulente del Comune di Milano per il reintegro sociale dei senza dimora. A tutti sarà assicurato vitto e alloggio, oltre a un più che dignitoso stipendio che consentirà loro, alla fine dei dodici mesi del progetto, di cercarsi una casa in affitto, anche grazie al fatto che una buona quota del reddito verrà accantonata, vista la sostanziale assenza di spese vive quotidiane. E dopo un anno altri senzatetto potranno prendere il loro posto, riavviando un ciclo di inserimento sociale grazie al lavoro e alla dignità che avverte chi si sente attivo. A pochi chilometri dalle mete della Toscana più note, tra Firenze, Lucca e Pisa, al di fuori dei percorsi più frequentati, la provincia di Pistoia, con le sue bellezze paesaggistiche ed il suo ricco patrimonio artistico e culturale, può essere una vera scoperta: ovunque il visitatore vedrà convivere in armonia la bellezza della natura e i capolavori dell’arte. Dal turismo d’arte a quello montano, dal termalismo al turismo congressuale, dal turismo verde sino a quello enogastronomico, ricca e varia è l’offerta turistica del territorio, pronto, in tutti i periodi dell’anno, ad accogliere e rendere partecipe il viaggiatore dai mille interessi. La Fattoria Clochard alla Riscossa è situata nel comune di Serravalle Pistoiese su una collina immersa nel verde.