Maxi truffa a clienti di compagnie telefoniche. Pm “attivati 30/40 mila servizi indebiti al giorno”

L'avviso di chiusura dell'indagine riguarda in particolare il filone con al centro WindTre ed è indirizzato a 33 indagati. Al centro un giro illecito da 99 milioni

MILANO – Si parla di una “media di 30/40mila attivazioni” indebite “al giorno”, nella primavera del 2020, di “servizi premium, cosiddetti Vas” per “ignari consumatori che si vedevano addebitare i relativi costi pari a 5 euro a settimana”. E’ uno dei dettagli dell’inchiesta milanese, già nota perché in passato aveva portato a due sequestri, sulla presunta maxi truffa da 99 milioni di euro sui servizi di telefonia. Indagine chiusa oggi nei confronti di 33 indagati, come ha reso noto con un comunicato il procuratore Marcello Viola. Un “sistema” che, spiega la Procura, sarebbe andato avanti “dal 2017 e fino al giugno 2020” in danno dei consumatori e smascherato dagli accertamenti della Polizia Postale, del Nucleo speciale tutela privacy e frodi telematiche della Gdf, del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano e della Squadra reati informatici della Procura. Oltre all’operatore telefonico al centro di questa tranche d’indagine, ossia Windtre (non è indagata la società), sono state individuate 26 società “di content service provider”, ovvero “fornitrici di contenuti Vas”. Molte delle attivazioni indebite avrebbero riguardato le cosiddette utenze “machine to machine”, utilizzate “dai consumatori, ad esempio, per la gestione di ascensori e caldaie”, come già venuto a galla. Quando nell’estate 2020 si seppe dell’indagine, le attivazioni poi si azzerarono. Gli atti dell’inchiesta sono stati anche trasmessi tempo fa all’Agcom, che è intervenuta con una delibera il 14 gennaio 2021 “regolando in modo efficace” il mercato dei “servizi Vas”. E così, spiega il procuratore, “il fenomeno accertato dall’indagine è attualmente scomparso”.

Profitto illecito da 99 milioni di euro

Il “profitto illecito”, chiarisce il procuratore Viola, “per i soli Content service provider” è pari “ad una somma non inferiore ai 99 milioni di euro, dei quali quasi 19 milioni sono stati sottoposti a sequestro preventivo” in passato, anche su conti esteri. Un altro provvedimento di sequestro “ha avuto oggetto la somma pari ad oltre 21 milioni di euro”, ossia la “parte dei ‘ricavi tossici’ di cui l’operatore telefonico ha beneficiato”, trattenendo, si legge ancora, “il 50% delle somme indebitamente sottratte agli utenti”. Le “complesse” indagini si sono mosse individuando gli “schermi societari impiegati nell’occultamento dei profitti”. E sono partite da una “dettagliata denuncia” della società DigitalApp. Ci sarebbero state una “serie di pressioni” nei confronti della stessa per fare in modo che “utilizzasse, per la pubblicizzazione dei proprio servizi, solo determinate agenzie che potessero portare maggiori guadagni anche per l’operatore telefonico”, ossia per Windtre. Per questo a 7 indagati viene contestata la “tentata estorsione contrattuale”. Alle 26 società individuate sono “contestate tra il 62% e il 69%”, a seconda dei due “differenti hub tecnologici” usati, delle “complessive attivazioni di servizi a valore aggiunto” e senza consenso. Agli atti anche le testimonianze sul fatto che “l’intero mercato” di questi servizi fosse “quasi del tutto alimentato da attivazioni ‘non compliant'”, in pratica senza l’ok degli utenti.

Le indagini della Polizia Postale e gli abbonamenti con l’inganno

L’avviso di chiusura dell’indagine riguarda in particolare il filone con al centro WindTre ed è indirizzato, tra gli altri, ad Alessandro Lavezzari, ai tempi responsabile della funzione ‘Content & Service Partnership, Luigi Saccà – figlio di Agostino ex dg della Rai – referente per il settore Vas (Value Added Service), Fabio De Grenet in qualità di referente della divisione ‘Advertising-Sales’, Angelo Salvetti e Fabio Cresti, rispettivamente legale rappresentante e vice presidente di Pure Bros Mobile spa, azienda che si occupa dello sviluppo di servizi digitali di mobile marketing e mobile payment, un consulente della stessa società di riferimento delle Telco in Italia, un socio di un’agenzia pubblicitaria e tre sviluppatori, cioé giovani informatici italiani di una azienda con sede all’estero e con compensi, si legge nelle carte, da 5 mila dollari in su al mese.

L’inchiesta, avviata nell’estate del 2018 a seguito di una denuncia da parte di DigitalApp, è stata condotta dalla Polizia Postale (compartimento della Lombardia) e dalla Guardia Di finanza con il Nucleo speciale Tutela Privacy e Frodi Telematiche e il Nucleo di Polizia Economico finanziaria di Milano ed ha portato a sequestrare finora una quarantina di milioni. Inoltre ha portato a fare accertamenti anche su Vodafone e Tim. Secondo la ricostruzione dei pm, bastava visitare una pagina web, talvolta con l’inganno di fraudolenti banner pubblicitari e, senza far nulla (Zero Click), ci si ritrovava istantaneamente ad essere abbonati a un servizio che prevede il pagamento di una somma di denaro sul conto telefonico ogni settimana o mese in cambio dell’accesso a contenuti come notizie, gossip o video. Oppure era sufficiente attivare i Servizi a Valore aggiunto, Vas, attraverso schede sim usate tra macchine per lo scambio di dati (per esempio per accendere il riscaldamento a distanza). Il sistema si fondava su un complesso meccanismo che ha portato, tra il 2017 e il 2019, a illeciti guadagni per 99 milioni complessivi, di cui almeno la metà sarebbero stati incassati dalla compagnia telefonica. Prima della fine dell’anno è attesa la chiusura di un’altra parte dell’indagine.

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