E’ il caso di un 14enne ricoverato in terapia intensiva all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma guarito da una leucemia linfoblastica acuta
ROMA – E’ riuscito a guarire da una leucemia linfoblastica acuta grazie ad un trattamento innovativo. E’ il caso di un bambino di soli 14 anni ricoverato in terapia intensiva all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. I medici della terapia intensiva pediatrica Area Rossa e quelli dell’Oncoematologia pediatrica del Bambino Gesù hanno sperimentato con successo un approccio inedito: purificare rapidamente, e in maniera selettiva, il sangue. Il brillante risultato è stato ottenuto dal team della dottoressa Gabriella Bottari su un quattordicenne affetto dalla forma più diffusa di leucemia in età pediatrica, la leucemia linfoblastica acuta (circa 400 casi l’anno). Il bambino, trattato con terapia CAR-T, era stato colpito da una forma gravissima di sindrome da rilascio citochinico che l’aveva portato a sviluppare insufficienza respiratoria e finire in terapia intensiva. Grazie al trattamento innovativo, il bambino è guarito ed è stato dimesso.
In cosa consiste esattamente il nuovo trattamento
La terapia CAR-T ha letteralmente rivoluzionato il trattamento dei tumori del sangue che non rispondono alla chemioterapia: i linfociti T del paziente vengono prelevati, riprogrammati per riconoscere le cellule neoplastiche e quindi reinfusi. La desiderata reazione infiammatoria può tuttavia sfuggire al controllo e compromettere, in circa un quarto dei casi, le funzioni vitali del paziente leucemico trattato con l’immunoterapia. È la cosiddetta sindrome da rilascio di citochine, i mediatori dell’infiammazione e della sepsi, che nei casi più gravi può portare il paziente alla morte. Sino ad oggi, la sindrome è stata trattata con farmaci che non sempre riescono a controllare lo stato infiammatorio, oltre a sopprimere il sistema immunitari.
Si parla di immunoterapia “protetta”, in quanto unisce la terapia CAR-T che si utilizza per i tumori del sangue che non rispondono alla chemioterapia, ad un sistema, l’emoperfusione extracorporea, che consente di eliminare gli effetti collaterali della suddetta terapia, purificando rapidamente, e in maniera selettiva, il sangue. Il problema della CAR-T, come si è visto nel caso del bambino, è proprio che può scatenare reazioni infiammatorie anche gravi arrivando addirittura a compromettere (in un ¼ dei casi) le funzioni vitali del paziente (portando nelle situazioni più gravi alla morte). La cosiddetta sindrome da rilascio di citochine.
Come ha spiegato a ‘La Repubblica’ la dottoressa Bottari, questa terapia: “ha la capacità di non interferire su una terapia ‘viva’ come quella basata su cellule CAR-T nella loro azione contro il cancro. Inoltre la terapia non è solo di supporto agli organi ma letteralmente curativa”. Il caso del ragazzo è stato pubblicato nei dettagli sulla rivista Critical Care Explorations.