L’uomo arrestato nei giorni scorsi avrebbe mediato per un ‘patto di sicurezza’ tra una famiglia di sinti e un imprenditore vittima di estorsione
TORINO – Un calabrese come paciere. Uno dei presunti boss della ‘ndrangheta a Carmagnola nel torinese era stato “garante e mediatore” tra una banda di sinti e il proprietario di una sala giochi vittima di estorsioni. Emerge dall’ordinanza di custodia cautelare di ‘Carminius‘, l’inchiesta della guardia di Finanza e dei carabinieri che ha portato a 14 arresti e a un fermo. Negli atti viene citato un episodio del 6 ottobre 2014, quando, a Carmagnola, furono sparati quattro colpi di pistola contro la saracinesca di una sala giochi. Nel febbraio dell’anno seguente furono arrestati, con l’accusa di estorsione, quattro sinti che, secondo gli inquirenti, pretendevano dal gestore il pagamento di un debito di 13mila euro. Accertamenti svolti dai carabinieri di Moncalieri fecero emergere il ruolo di mediatore di Salvatore Arone nella controversia tra i nomadi e i familiari del gestore. Secondo il gip Giulio Corato l’episodio fornisce “la misura del peso specifico dell’intervento dell’indagato, ritenuto ampiamente in grado di arginare sul territorio persone oltremodo pericolose, capaci di passare all’azione violenta”.
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