‘Ndrangheta e voti, il Senato vota a favore dell’arresto del politico calabrese

Antonio Stefano Caridi sarà arrestato qualora anche l’aula del Senato approvasse la decisione della Giunta.
ROMA – La Giunta per le autorizzazioni del Senato ha votato a favore della richiesta di arresto nei confronti del senatore di Gal, Antonio Stefano Caridi. E’ quanto viene riferito al termine della riunione. Hanno votato a favore Pd, Movimento 5 Stelle e Lega, mentre si sono espressi contro l’arresto Forza Italia, Gal e Idea. Ncd, invece, non ha partecipato al voto per motivi di opportunità, in quanto – viene spiegato – tra il componente della Giunta di Ncd, Nico D’Ascola, e il senatore Caridi da tempo esistono ‘attriti’ personali e pubblici e quindi non ha ritenuto opportuno esprimersi con un voto. Non ha votato il presidente della Giunta, Dario Stefano. Andrea Augello di Cor si e’ astenuto. I voti a favore sono 12, 7 i voti contrari, 1 astenuto e 2 senatori non hanno partecipato al voto.

 

Antonio Stefano Caridi sarà arrestato qualora anche l’aula del Senato approvasse la decisione della Giunta. Intanto il Movimento 5 Stelle ha chiesto che l’Aula del Senato si possa esprimere subito sulla richiesta di arresto avanzata dalla procura di Reggio Calabria nei confronti del senatore di Gal, Antonio Stefano Caridi, visto che la Giunta ha terminato il suo lavoro e si e’ espressa a favore dell’arresto. Tuttavia, il presidente di turno, Roberto Calderoli, ha respinto la richiesta dei pentastellati perche’, trattandosi di una inversione dell’ordine del giorno dei lavori, questa va avanzata o ad inizio seduta o quando l’argomento che e’ in discussione, e’ terminato. E, al momento, l’Aula e’ impegnata nell’esame del ddl Editoria. Quindi, nulla da fare: in base al regolamento, spiega Calderoli, si va avanti con il ddl in esame, nonostante le proteste dei 5 Stelle.

 

IL PROFILO CRIMINALE DEL SENATORE IN ODOR DI ‘NDRANGHETA

“Dirigente ed organizzatore della componente ‘riservata’ della ‘ndrangheta” di cui “fruiva dell’appoggio, tramite la sua articolazione di vertice cosca De Stefano in occasione di tutte le consultazioni elettorali alle quali prendeva parte, dalla prima candidatura (elezioni comunali 1997) alle elezioni regionali del 2010”. Così il pm della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo tratteggia, nelle prime righe del capo di imputazione dell’inchiesta “Mammasantissima”, la figura del senatore Antonio Caridi. Un politico che grazie ai legami con i De Stefano, secondo l’accusa, avrebbe fruito anche dell’appoggio di tutte le cosche del reggino legate ai potenti boss cittadini: Tegano, Libri, Borghetto-Zindato, Nucera, Caridi, Pelle, Maviglia, Morabito e Iamonte.

 

Uno “strumento per eseguire gli ordini della ‘cupola’ e conseguirne le finalità” per dirla con le parole usate dal capo della Dda reggina Federico Cafiero de Raho. Una carriera politica, quella di Caridi, costruita a tavolino, per come emerge dagli atti dell’inchiesta – condotta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio che hanno riletto migliaia e migliaia di carte di procedimenti già definiti dandogli una visione d’insieme – che ha svelato l’esistenza di un vertice di “invisibili” che governa la ‘ndrangheta. Costruita, secondo l’accusa, dall’ex parlamentare del Psdi Paolo Romeo, in carcere dal 9 maggio scorso per un’altra inchiesta e coindagato di Caridi in Mammasantissima, condannato in passato per concorso esterno per associazione mafiosa e nonostante questo ancora “regista occulto” di tutti gli affari che si sono mossi a Reggio negli ultimi 30 anni.

 

Ma Caridi, non è indagato solo per Mammasantissima. Il suo nome è finito anche nell’inchiesta Alchemia sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Liguria. In questo caso il gip ha rigettato la richiesta d’arresto perché l’unitarietà della ‘ndrangheta fa sì che le accuse, pur se riferite a fatti diversi, possano essere considerate assorbite dalla precedente ordinanza. “Il senatore Stefano Caridi si dimostra riferimento funzionale della ‘ndrangheta anche in questa inchiesta” era stato il commento univoco del capo della Dda reggina Federico Cafiero de Raho e dell’aggiunto Gaetano Paci il giorno dell’operazione.

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