Area Urbana
Palato digitale
Food blogger, mercato influenzato anche a Cosenza: locali a 5 stelle e piatti unici solo se “sponsorizzati”
La vetrina dei food blogger è quasi sempre esaltante, ma la sostanza a volte è indigesta: al posto di consigli genuini su cibo e locali, un impasto di contenuti pagati e sponsorizzazioni taciute
COSENZA – Pochi giorni fa un amico si lamentava di aver mangiato malissimo in un ristorante, oltre ad aver anche pagato uno sproposito. “Capita” ho risposto io. Ma quello che mi ha fatto riflettere è che questo stesso amico si lamentava di aver scelto proprio quel locale dopo aver visto un reel con una video-recensione di un noto food blogger che ne esaltava i piatti, mangiandoli quasi fosse un’esperienza mistica. Questo ha catturato l’attenzione del mio ignaro amico che si è fiondato nel ristorante indicato. Ma l’esperienza è stata ben diversa da come raccontato nel video: cibo pessimo, attese infinite e uno scontrino salatissimo.
Il fenomeno dei food blogger
Anche a Cosenza, così come del resto d’Italia, spopola oramai il fenomeno dei food blogger. Creatori di contenuti che raccontano ristoranti, locali, cibo e tendenze gastronomiche. Negli ultimi anni sono diventati attori centrali del nostro vivere quotidiano e anche delle nostre scelte. Con foto curatissime, video ammalianti e racconti in prima persona, “influenzano” scelte di consumo e veri e propri flussi di clientela.
Combinando competenze diverse (fotografia, storytelling, knowledge culinaria e abilità nei social media), il loro compito è offrire ai lettori consigli su dove mangiare, raccontare tipicità, storia dei locali e novità gastronomiche che trasformano l’esperienza culinaria in intrattenimento. Per i ristoranti, una buona recensione di un profilo molto seguito, può tradursi in tanta visibilità e prenotazioni immediate. Ma il loro ruolo ha sollevato in me anche interrogativi importanti: fino a che punto le recensioni sono indipendenti? E in che modo un compenso possa “incentivare” la scelta o un’esperienza?
Anche in una città piccola come Cosenza, negli ultimi anno sono decine i food blogger che utilizzano i social network per raccontare le loro esperienze. Li vediamo spuntare in questo o in quel locale e raccontare nei loro contenuti questo o quel piatto. C’è di tutto: dalle pizzerie (gettonatissime) ai ristoranti gourmand, dagli agriturismo ai locali tipici, passando per bar e pasticcerie, rosticcerie, gelaterie ed enoteche. Ma quanto di quello che raccontano è autentico?
Contenuti sponsorizzati o recensioni reali?
Mi sono messo a guardare decine e decine di video e una quantità enorme di contenuti su tutte le piattaforme social. Determinare una singola percentuale esatta sull’aumento dei contenuti dei food blogger è complesso, poiché le statistiche variano in base alla piattaforma e al periodo di riferimento. Tuttavia, i dati più recenti sul mercato italiano e i trend generali indicano una crescita esponenziale proprio dei reel che è ormai il principale driver di engagement anche nel settore food.
Per un buon 80% di video che ho guardato su locali e ristoranti di Cosenza e provincia, il problema che è emerso ripetutamente è la mancanza di trasparenza sui contenuti. Ovvero, si trattava di recensioni spontanee? O come avviene in molti casi di reel e storyes dietro una sponsorizzata? Pranzo/cena offerta gratuita, pagamento diretto o accordi promozionali. Anche perchè nel 99,9% dei contenuti che ho potuto vedere in diversi giorni, tutto era da 5 stelle, i locali unici e super megagalattici, l’esperienza culinaria e i piatti da ristorante Michelin e i prodotti usati tutti rigorosamente a chilometro zero.
Distorsione del mercato
I consumatori scelgono in base a consigli che dovrebbero essere imparziali. Quando non lo sono, locali più meritevoli possono essere penalizzati e l’offerta complessiva peggiora. Questa pratica può trasformare la “raccomandazione” in pubblicità dissimulata: basta pagare e in quel locale tutto è buono e unico — per dirla in modo diretto. Troppo spesso, nei video che vediamo su Tik Tok, Instagram, Facebook e Youtube, vengono esaltati locali e prodotti offerti ai clienti, solo perchè dietro c’è un compenso economico. Tutto regolare, per carità, fa parte del mercato. Ma le regole di una cosiddetta “sponsorizzata”, ovvero recensione o contenuto dietro pagamento è quella di rendere consapevoli le migliaia di persone che guardano quel video o quel contenuto che alla fine è una vera e propria pubblicità con la possibilità, come facciamo in TV se scegliere o passare oltre. E dietro c’è un giro di affare non di poco conto. Basta vedere cosa ha scoperto la Guardia di Finanza di Cosenza su un influencer “allergico” al fisco.
L’obbligo della trasparenza e le normative
Il problema centrale, come ribadito dall’AGCM e dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), risiede nella difficoltà per il consumatore di distinguere un consiglio spontaneo e genuino da un messaggio che è, di fatto, frutto di una sponsorizzazione, un compenso o una fornitura gratuita di prodotti o servizi (#giftedby o #suppliedby) che è lecita. Ma l’omissione di questa informazione è considerata una pratica commerciale ingannevole, vietata dal Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005).
Per questo l’IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) ha definito linee guida chiare per la riconoscibilità dei messaggi pubblicitari sui social media che troppo spesso non vengono rispettate. In caso di collaborazione commerciale o fornitura gratuita di prodotti (anche senza un contratto esplicito), è infatti obbligatorio utilizzare hashtag come #adv, #pubblicità, #sponsorizzato o diciture chiare come “In collaborazione con…” in modo evidente.
In principio furono le recensioni
Ora sono gli influencer (ma nel variegato mercato dei social sono esplosi anche travel blogger, vlogger e agenti immobiliari 2.0) in origine c’era la guerra delle recensioni false o commissionate a distorcere la percezione del valore reale di un ristorante. Diversi studi hanno mostrato come le review fasulle incidano pesantemente sulla fiducia dei consumatori e sulla concorrenza tra locali. Solo da poco le autorità italiane hanno cominciato a intervenire. Azioni e linee guida sono state emanate per aumentare trasparenza e responsabilità. L’AGCOM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha svolto indagini e sanzionato influencer per pratiche commerciali non trasparenti, dimostrando che la normativa antitrust viene applicata anche al mondo degli influencer.
Sul fronte dei siti di recensioni, il governo italiano ha avanzato un disegno di legge che mira a proibire le recensioni a pagamento o incentivare la verifica d’identità e della visita per chi lascia commenti su hotel e ristoranti. La proposta intende dare maggior tutele ai consumatori e al mercato. Questi interventi indicano che la pratica delle recensioni “in cambio di” non è più tollerata come qualcosa di eticamente grigio: può costare caro (sanzioni economiche e danno d’immagine).
Social