Stoccolma, miraggio di benessere e integrazione per centinaia di migliaia di immigrati si scopre divisa da una disuguaglianza sociale radicata e razzista.
A far esplodere la rivolta delle banlieue è stata la morte di un uomo di 69 anni, che lo scorso 13 maggio avrebbe fatto resistenza alla perquisizione da parte della polizia. Secondo quanto dichiarato dagli agenti con sè aveva un coltello. L’eccesso di violenza usata dagli agenti ha scatenato aspre polemiche, e già due giorni dopo le strade delle banlieue a sud e a nord di Stoccolma risuonavano di sassaiole e vetrine infrante.
La crisi economica ha colpito duramente anche la Svezia dove il tasso di disoccupazione giovanile è arrivato al 20%, con una forte differenza tra giovani svedesi e immigrati extraeuropei. Per questi ultimi, solo il 51% ha un lavoro, contro l’84% dei loro coetanei scandinavi .
Sono pochissimi i fortunati giovani neo-svedesi che riescono ad ottenere un lavoro, nonostante i titoli di studio anche elevati.
Alcuni giornali riportano la notizia che gruppi di militanti dell’estrema destra avrebbero partecipato agli scontri per dare man forte alla polizia: una specie di “squadre di vigilanti”, di ronda per arginare il “contagio”.
La popolazione crede che sia stato fatto tutto il possibile per l’integrazione degli immigrati anche se il Paese non ha mai voluto scegliere tra una politica assimilazionista, come la Francia, o multiculturale come il Regno Unito.
Ne deriva che gli immigrati sono stati tranquillizzati con un reddito minimo garantito, mentre il resto delle promesse (un lavoro, possibilità di integrarsi, di diventare parte del paese) è rimasto in sospeso.