Clinton infiamma i democratici: «Obama alla Casa Bianca»

Il vecchio Bill rilancia seriamente le chance di rielezione di Barack Obama. Lo ha fatto con un discorso da statista che ha infiammato la convention di Charlotte e che secondo molti osservatori potrebbe segnare una svolta per l’intera campagna elettorale.

Per oltre 49 minuti che rimarranno nella storia della politica americana, l’ex Presidente supera ogni ipocrisia, parlando quasi esclusivamente della crisi economica. Memore del famoso slogan che in passato gli assicurò tante vittorie, «It’s the economy, stupid», prende il toro per le corna, accettando con coraggio di scontrarsi con i conservatori sul terreno per lui più scomodo, senza fingere o amnesie.

Con passione, lucidità e anche ironia, difende a spada tratta tutte le scelte compiute dall’amministrazione democratica come forse nemmeno Obama è riuscito a fare in questi anni. E ammette quello che tutti pensano e che però nessuno sinora ha avuto il coraggio di dire: «Dopo il disastro ereditato dalla destra al governo, nessuno avrebbe potuto sanare la situazione in 4 anni». Poi, con precisione e leggerezza, spiega cosa vuol dire la riforma sanitaria per i cittadini americani: «Oggi milioni di ragazzi e di anziani hanno una copertura sanitaria. E i lavoratori e le imprese hanno risparmiato tanti soldi sul mercato delle assicurazioni». E ancora, chiarisce cosa vuol dire difendere il programma del Medicare, la mutua per gli anziani, quella che il numero due di Romney, il rampante Paul Ryan vorrebbe abolire. Altro che chiacchiere sul fatto che la “Obamacare” porterà alla rovina gli anziani d’America, come hanno detto a Tampa. «È vero il contrario. Se vince Romney – attacca Bill – Medicare va in bancarotta già nel 2016. Noi dobbiamo impedirlo». Poi sul lavoro, spiega con minuzia di dettagli, ma senza mai essere pedante, come i democratici storicamente abbiano creato più posti di lavoro, proponendo una delle sue frasi lapidarie: «Con la povertà dei cittadini non ci potrà mai essere sviluppo».

Parla a braccio, guarda a tratti il “teleprompter”, ma solo per seguire la scaletta. Come un fiume in piena, fa capire che il partito democratico è in grado di competere anche nella gara per conquistare l’elettorato bianco, dei piccoli imprenditori. Anzi deve accettare quella sfida, deve riprendersi quel ceto medio moderato che in troppi tra i dems avevano dato per perduto, preferendo magari di dedicarsi a tempo pieno al consolidamento dell’elettorato nero, latino e femminile. Clinton invece non rinuncia a sostenere la sua linea di “new democrats”, sempre attento al compromesso e al dialogo con l’opposizione. «Per risolvere i problemi bisogna sempre lavorare assieme. Bisogna votare Obama perché sta continuando a cercare sempre una collaborazione costruttiva con i repubblicani. È così che si fanno funzionare le cose», aggiunge generoso.

E con un tocco da maestro, con una battuta delle sue archivia definitivamente ogni ruggine datata 2008, quando Barack e Hillary se le diedero di santa ragione durante la sfida delle primarie. «Obama ha avuto il merito di mettere nel suo governo molte personalità che all’epoca non votarono per lui. Ha assunto persino mia moglie». La platea è solo per lui. I minuti volano, sull’onda dei continui applausi e risate. Il feeling dell’ultimo vecchio leone democratico è totale. Bill lo sa e “gigioneggia”. Quando sin dall’inizio, tra i meriti di Barack, dice espressamente che merita la rielezione «perché ha avuto il buon senso di sposare una donna come Michelle».

Poi la tirata finale che travolge tutta la Time Warner Cable Arena. «Io ci credo, dal profondo del cuore, che riporteremo Obama alla Casa Bianca. E se volete che non ci siano più differenze tra ricchi e poveri, tra bianchi e minoranze, se volete un futuro di sicurezza economica e di prosperità, allora dovete votare Barack Obama. Negli ultimi 200 anni – conclude Bill Clinton – siamo sempre usciti più forti da ogni crisi, da ogni momento di difficoltà. Se staremo uniti ci riusciremo anche stavolta».

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