Le inquietanti rivelazioni del giornalista cosentino sfuggito all’agguato omicida della criminalità slovacca
di Tony Papaleo*
BRATISLAVA – L’arresto di Antonino “Nino” Vadalà sta suscitando un enorme clamore non solo in Slovacchia, ma in tutta Europa. Nella concitazione del momento tutti ritengono che la motivazione delle misure cautelari sia il fatto che il giornalista slovacco ucciso insieme alla fidanzata da due sicari la settimana scorsa avesse dedicato il suo ultimo articolo proprio all’imprenditore calabrese in odor di ‘ndrangheta. Probabile che le forze dell’ordine abbiano deciso di anticipare qualche operazione internazionale che rischiava di essere bruciata dalla rivelazione del suo nome, forse quella iniziata nel 2014 intorno ad un grosso traffico di cocaina. La polizia slovacca potrebbe aver trovato prove di un coinvolgimento dei tre arrestati nell’omicidio a così breve distanza tra i fatti o che eventuali illeciti amministrativi o fiscali delle sue società possano aver motivato un provvedimento giudiziario di restrizione della libertà è probabile, ma non certo.
Il tutto sarà chiarito nelle prossime ore, mentre tantissimo resta da fare per capire le ragioni dell’efferato omicidio di Ján Kuciak e della sua fidanzata, Martina Kušnírová. Il suo ultimo articolo, pubblicato postumo ed incompleto, apriva squarci inquietanti sulle possibili motivazioni che avevano spinto la famiglia Vadalà ad emigrare in Slovacchia. Personalmente ritengo doveroso rendere note alcune rivelazioni che hanno dell’incredibile. Antonio Palombi, un pensionato italiano da anni residente in Slovacchia conosce Antonino Vadalà sin dai primi anni 2000 quando arrivò in Slovacchia. L’anziano non ha difficoltà a raccontare come ne sia diventato socio finendo per perdere tutto quello che possedeva.
A Michalovce dei Vadalà si erano infatti stabiliti sin dall’inizio degli anni Novanta quando, col crollo del regime comunista, era diventato possibile fare affari facili anche per persone gravate dal peso di uno scomodo cognome che, in Calabria, evoca il ricordo di gravissimi fatti di sangue. Il giornalista reggino Lucio Musolino, specializzato nella cronaca giudiziaria e quasi memoria storica delle ‘ndrine della Jonica, riconosce, nella foto di Nino Vadalà, il figlio di Giovanni Vadalà alias Cappiddazzu, nipote di Domenico Vadalà meglio noto come Micu U Lupu, che ha a sua volta un fratello chiamato Antonino. Micu U lupu è lo storico capo cosca sopravvissuto ad una sanguinosa faida tra ‘ndranghetisti mentre suo fratello è il gestore degli interessi delle cosche nel sistema degli appalti pubblici.
Assieme allo zio di Antonino Vadalà è emigrato a Michalovce anche Diego Rada, che diventerà poi suo suocero. Possiedono attività agricole che, verosimilmente, non pare siano il loro unico business. Risulta noto come sin dalla fine del comunismo l’ex Cecoslovacchia sia diventata una delle principali fonti di approvvigionamento illegale di armi per il crimine organizzato italiano. E’ lo stesso giornalista ucciso a raccontare, infatti, nella apertura del suo ultimo articolo, come quattordici anni fa, proprio a Michalovce, fosse stato arrestato tale Carmine Cinnante, un italiano che si apprestava a ritornare in Italia con una mitragliatrice cecoslovacca modello 26 dotata di apposito puntatore laser probabilmente destinata a rifornire l’arsenale della cosca capitanata dal boss Guirino Iona di Belvedere Spinello di cui Cinnante era sodale.
Più o meno nello stesso periodo, almeno secondo la polizia italiana, Antonino Vadalà facilita la latitanza del killer Dominic Ventura e affianca il boss Antonio Zindato nelle sue spedizioni punitive romane contro dei soggetti che “danneggiano la famiglia”. Preoccupato per gli esiti del processo, che lo vedrà comunque prosciolto, Nino decide di raggiungere i parenti che già vivono in Slovacchia ed inizia le sue molteplici e caotiche attività imprenditoriali. Non è certo che l’arresto, oggi, possa aiutare a risolvere il caso della morte del coraggioso giornalista slovacco, ma certamente aiuta a capire quali siano stati i canali di approvvigionamento delle armi che hanno alimentato le guerre di ‘ndrangheta negli ultimi 20 anni.
* Antonio Aldo Papaleo è un giornalista investigativo slovacco e ceco originario di Cosenza già Segretario dell’Associazione Europea dei Giornalisti in Repubblica Ceca
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