Secondo quanto raccontato dagli indagati il denaro fu donato da un prete alla sua assistente in punto di morte, la donna lo avrebbe poi ‘regalato’ al figlio.
BOLOGNA – Un racconto verosimile che i giudici non hanno ritenuto essere veritiero. Alla sbarra i protagonisti della vicenda che cercarono di monetizzare con varie banche italiane ed estere un titolo di credito datato 14 agosto 1961 ed emesso dal Credit Suisse a favore dell’ex dittatore indonesiano Sukarno, morto nel 1970, per un importo nominale di 870 milioni di dollari. E’ lo scenario che ad agosto 2011 portò la Guardia di Finanza di Locri ad arrestare 20 persone per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, al falso e alla truffa. Fu valutato che il titolo avrebbe fruttato quasi 40 miliardi di dollari, all’incasso. L’udienza preliminare su quei fatti si è tenuta in mattinata a Bologna, dove nel frattempo l’inchiesta è stata trasferita da Reggio Calabria per competenza territoriale, perché in Emilia si costituì l’associazione contestata. Sedici degli imputati sono stati rinviati a giudizio, due sono stati condannati in abbreviato a quattro anni di detenzione, uno è stato assolto e un altro, difeso da Aldo Savoi Colombis, ha patteggiato la pena di 22 mesi. Per tutti il Gup Bruno Perla ha escluso la falsificazione di carte di pubblico credito. I fatti risalgono all’inizio del 2009 e alcune delle persone coinvolte nell’inchiesta erano ritenute legate a Cosa Nostra e alle cosche della piana di Gioia Tauro.
Il certificato di deposito, trovato a Bologna, che l’organizzazione voleva negoziare, fu sequestrato nel 2009 dalla Guardia di Finanza in Calabria. Gli imputati avrebbero cercato di monetizzarlo rivolgendosi a professionisti e cercando di coinvolgere contemporaneamente numerosi istituti di credito nazionali ed esteri, tra cui lo Ior. Per giustificarne il possesso e la legittima origine del certificato di deposito, i componenti dell’organizzazione avevano fatto ricorso anche all’espediente, ritenuto falso, di documentarne la provenienza attraverso un prelato, nel frattempo deceduto, che avrebbe ottenuto il titolo dal dittatore indonesiano come ricompensa per avergli salvato la vita durante una rivolta avvenuta in Indonesia a metà degli anni ’60. Quando era in punto di morte, secondo il racconto degli indagati ai funzionari delle banche, il monsignore avrebbe consegnato il certificato alla donna che lo assisteva la quale, a sua volta, lo diede a suo figlio per monetizzarlo. Dalle indagini dei finanzieri però emerse che il prelato non ha mai fatto missioni in Indonesia. Per continuare nella trattativa con le banche per incassare gli 870 milioni di dollari, quando il documento fu sequestrato, gli indagati presentarono ai potenziali acquirenti un falso decreto di dissequestro e una copia del certificato di credito che fecero ipotizzare la collusione con funzionari bancari.
NEL CORSO DELL’OPERAZIONE FURONO ARRESTATI:
Vincenzo Andronaco, 38 anni, di Oppido Mamertina;
Andrea Angelo, 33 anni, di Alcamo (Trapani);
Salvatore Angelo, 62 anni, Salemi (Trapani);
Rocco Arena, 41 anni, di Taurianova;
Paolo Baccarini, 45 anni, di Modena;
Vincenzo Dattilo, di 55 anni, di Lamezia Terme;
Antonio Drago, 54 anni, di Valledolmo (Palermo);
Michele Fidale, 50 anni, di Polistena;
Francesco Filippone, 31 anni, di Melicucco;
Rocco Santo Filippone, 71 anni, di Anoia;
Antonino Galasso, 59 anni, di Cittanova;
Nicola Galati, 53 anni, di Vibo Valentia;
Francesco Grupico, 54 anni, di Marina di Gioiosa Ionica;
Antonino Napoli, 57 anni, di Polistena;
Alessio Vincenzo Rovitti, 36 anni, di Cassano allo Ionio;
Carmelo Sposato, 37 anni, di Taurianova;
Giuseppe Sposato, 46 anni, di Taurianova;
Antonio Surace, 34 anni, di Polistena;
Rocco Ursino, 51 anni, di Locri.
Daniela Rozzi, 43 anni, di Modena.