COSENZA – Stop all’erogazione del Reddito di Cittadinanza anche in Calabria a partire da agosto. La misura di contrasto alla povertà nel 2023 ha coinvolto nella regione, secondo i dati forniti dall’Osservatorio Inps su Reddito e Pensione di Cittadinanza, 184.403 persone: 81.782 nuclei familiari. L’anno precedente erano 230.390, con 101.651 famiglie beneficiarie, mentre nel 2021 ben il 15% dei calabresi era stato raggiunto dal sussidio. Un primato a livello nazionale. L’abolizione totale dello strumento principale e più efficace di welfare in Calabria, capace di arginare in parte emigrazione e microcriminalità, avverrà il 31 dicembre, ma già dal prossimo mese, migliaia di residenti sul territorio calabrese non potranno più usufruirne. Gli ex percettori dovranno inserirsi in un mercato del lavoro asfittico, dove solo il 43% della popolazione attiva ha un impiego e (in controtendenza con i dati di tutte le altre regioni italiane) il tasso di occupazione invece di aumentare è diminuito del 2,7%, come documentato dal Laboratorio dello Sviluppo Locale della Regione Calabria. Dal suo canto, il Consiglio Regionale è intervenuto con un piano strategico approvando lo scorso 28 giugno la legge regionale n. 25 Norme per il mercato del lavoro, le politiche attive e l’apprendimento permanente. Un provvedimento che, di fatto, sopprime l’ente Calabria Lavoro, istituisce l’ARPAL e punta a formare nuovi lavoratori da inserire nel mercato.
Sconforto tra i percettori di Reddito di Cittadinanza calabresi
Caos e sconforto tra i beneficiari che, in assenza di alternative occupazionali, brancolano nel buio. «Abbiamo tre figli minorenni – spiega una coppia di disoccupati di San Marco Argentano – e riceviamo circa 700 euro di Reddito di Cittadinanza al mese. Per fortuna non paghiamo l’affitto perché viviamo a casa della suocera. Qualora non dovessimo più avere questo aiuto sarebbe per noi davvero difficile andare avanti perché non c’è lavoro. Vorremmo tanto trovare un’occupazione che ci consentisse di mantenere i nostri bambini senza fare i salti mortali».
La sensazione di spaesamento regna anche nei nuclei familiari più piccoli, come racconta un padre single cosentino. «Ho 45 anni e un figlio a carico, – spiega l’uomo – mi fa rabbia che sopprimano una misura di civiltà che esiste in tutta Europa per dare dignità alle persone bisognose, mentre rispristinano i vitalizi per gli ex senatori che di certo non sono i più poveri d’Italia. Eppure il Reddito di Cittadinanza faceva girare l’economia, ha permesso di sopravvivere ai piccoli commercianti soprattutto alimentari. Per me l’abolizione comporterebbe un disastro su tutti i fronti. Se mi dicessero prendi un decespugliatore e vai a pulire il Crati lo farei immediatamente. Non mi è stato però proposto nulla».
Giovani calabresi pronti ad emigrare
La rassegnazione è palese tra i più giovani, già pronti a fare le valigie per andare via. «Rientro nella categoria degli occupabili, so già che non percepirò più il Reddito di Cittadinanza. Il mio sussidio – racconta una 32enne della provincia di Catanzaro che vive a Rende – era di circa 500 euro. Mi sto organizzando, a breve mi trasferirò in Francia a lavorare. Non ho altre possibilità. Lì c’è un salario minimo e i lavoratori sono tutelati a livello contrattuale. Qui mi sono trovata a far la cameriera durante battesimi, comunioni, matrimoni, a 20 euro al giorno e dovevo pagare il pasto che consumavo. Sono convinta che la soppressione del Reddito di Cittadinanza contribuisca non solo allo spopolamento, ma anche all’incremento della criminalità in Calabria perché in tanti non potranno più contare neanche su un minimo di sostentamento. Alle nostre latitudini è facile farsi balenare in testa idee malsane e finire in strada a delinquere se non si hanno altre alternative».
Il direttore di Inps Calabria: «Si stima che circa 15.700 famiglie perderanno il sussidio»
A far chiarezza sul futuro della platea dei percettori di Reddito di Cittadinanza è il direttore regionale dell’Inps Calabria, l’ingegnere Giuseppe Greco. «L’impatto che avranno le nuove misure alternative al Reddito di Cittadinanza – sottolinea Greco – lo si potrà di fatto misurare solo tra qualche giorno quando, con il pagamento del mese di luglio, chi risulterà aver già percepito sette mensilità e non possiede i requisiti previsti dalle nuove norme, non si vedrà più accreditato l’assegno, già a partire dal prossimo agosto. La Legge 48/2023, all’articolo 13 – disposizioni transitorie, prevede infatti che dovranno essere sospesi i pagamenti nei confronti di chi ha già percepito 7 mensilità e non ricade nelle seguenti fattispecie: nel nucleo sono presenti minori, disabili o over 59anni; il nucleo risulta essere stato preso in carico dai servizi sociali dei Comuni. Si parla di sospensione in quanto, nel caso in cui il nucleo venga successivamente preso in carico dal Comune, potrebbe continuare ad essere erogato il Reddito di Cittadinanza, con il vincolo che non si potrà andare oltre dicembre 2023. Allo stato, su base nazionale, è stato stimato che circa 175.000 nuclei potranno essere interessati dalla sospensione del Reddito di Cittadinanza e di questi poco meno del 10% potrebbero essere residenti nella nostra regione (circa 15.700)».
La probabile distribuzione provinciale dei nuclei che già da agosto potrebbero non percepire più l’assegno, è la seguente:
CATANZARO – 3083
COSENZA – 5708
CROTONE – 1838
REGGIO CALABRIA – 4072
VIBO VALENTIA – 1007
Gli strumenti alternativi di sostegno al reddito
Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL)
«Nei mesi successivi altre domande raggiungeranno le 7 mensilità pagate e quindi – ricorda il direttore regionale di Inps Calabria Greco – ogni mese si potrà precedere con eventuali sospensioni, possibili fino al 31 ottobre 2023. Si tratta, in ogni caso di dati stimati in quanto elaborati prima dell’effettiva erogazione della settima mensilità prevista per il 27 luglio. Per coloro che si troveranno nello stato di sospensione del Reddito di Cittadinanza, a decorrere dal 1° settembre 2023 sarà possibile attivare la misura alternativa prevista che è il Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL). La Norma di riferimento è sempre il D.L. n. 48/2023 convertito in Legge 3 luglio 2023, n. 85 – Articolo 12 e richiami operati agli articoli da 2 a 11. In sostanza, si tratta di una misura di attivazione al lavoro delle persone a rischio di esclusione sociale e lavorativa mediante la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro comunque denominate. Nelle misure del Supporto rientrano anche i progetti utili alla collettività.
La misura è stata introdotta a beneficio dei soggetti occupabili di età compresa tra i 18-59 anni non aventi i requisiti per accedere all’Assegno di inclusione, per i quali la nuova normativa prevede che cessino dal diritto di percepire il Reddito di Cittadinanza a partire dalla settima mensilità di fruizione del beneficio nel 2023, a meno che non vengano presi in carico dai servizi sociali in quanto non occupabili. L’Inps riceverà dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali i flussi dei soggetti presi in carico dai servizi sociali e che riceveranno il Reddito di Cittadinanza fino al 31 dicembre 2023. Il beneficio è di 350 euro mensili erogati con bonifico. Ha una durata di massimo 12 mesi dalla data di avvio di un corso di formazione o altra misura di attivazione lavorativa (PUC; tirocini etc.). Non è contemplato il rinnovo. Come previsto dalla citata norma, la domanda di SFL può essere presentata all’Inps, a partire dal 1° settembre 2023, in modalità telematica, a cura del richiedente o tramite Patronato. Dal 1 gennaio 2024 anche attraverso i CAF.
Subito dopo la presentazione della domanda è necessario effettuare la registrazione sul Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa (SIISL). Attraverso il SIISL verranno effettuate le comunicazioni successive e proseguirà il percorso di attivazione. A seguito dell’esito positivo dell’istruttoria della domanda da parte dell’Inps, il richiedente è informato del fatto che può sottoscrivere il Patto di Attivazione Digitale e autorizzare espressamente la trasmissione dei dati relativi alla richiesta ai Centri per l’Impiego (CPI), alle Agenzie per il Lavoro e agli enti di intermediazione. Il richiedente viene convocato per la stipula del Patto di Servizio Personalizzato presso i Centri per l’impiego e dovrà indicare di essersi rivolto, nel frattempo, ad almeno tre agenzie per il lavoro. Viene effettuata la profilazione del richiedente e individuato il percorso di attivazione più adatto Il richiedente inizia a frequentare il corso di formazione o a svolgere le altre attività inserite nel patto di servizio. Gli enti di formazione e gli altri soggetti che presidiano le attività, iscrivono nel SIISL l’inizio e fine del corso, tirocinio o altra attività avviata. Il richiedente inizia a ricevere l’indennizzo economico di 350 euro con bonifico mensile dopo che sia avviata l’attività, per la sua durata e comunque non oltre 12 mensilità. La prestazione decade nel caso di abbandono del corso o altra attività e nel caso in cui non venga accettata un’offerta di lavoro ai sensi dell’art. 9 del decreto».
L’Assegno di Inclusione (ADI)
«Per coloro che invece non rientrano tra i cosiddetti soggetti occupabili, a decorrere dal 1 gennaio 2024, l’Art. 1-13 del D.L. n. 48/2023 convertito in Legge 3 luglio 2023, n. 85 prevede l’erogazione dell’Assegno di Inclusione (ADI). L’Assegno di inclusione – precisa Greco – è una misura di sostegno economico e di inclusione sociale e professionale, condizionata alla prova dei mezzi e all’adesione a un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa. La misura è riconosciuta, a richiesta di uno dei componenti del nucleo familiare, a garanzia delle necessità di inclusione dei componenti di nuclei familiari con disabilità, nonché dei componenti minorenni o con almeno 60 anni di età, ovvero dei componenti in condizione di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali certificati dalla Pubblica Amministrazione.
Il beneficio consiste in un’integrazione al reddito familiare fino a 6.000 euro (o 7.560 euro per nuclei con componenti tutti di età pari o superiore a 67 anni o con disabilità) moltiplicati per il parametro della scala di equivalenza oltre a integrazione canone locazione (3.360 euro o 1.800 euro per nuclei con componenti tutti di età pari o superiore a 67 anni). Durerà 18 mesi a partire dal mese successivo alla sottoscrizione del PAD e sarà rinnovabile ogni 12 mesi previa sospensione di un mese. La domanda di ADI può essere presentata all’INPS, a partire dal 1° gennaio 2024, in modalità telematica, a cura del richiedente o tramite Patronati o CAF. Dopo la presentazione della domanda, registrazione sul Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa (SIISL) per l’invio automatico dei dati del nucleo familiare al servizio sociale.
All’esito positivo dell’Istruttoria della domanda da parte dell’INPS, sottoscrizione di un Patto di Attivazione Digitale autorizzando espressamente la trasmissione dei dati relativi alla richiesta ai Servizi Sociali, ai Centri per l’Impiego (CPI), alle Agenzie per il Lavoro e agli Enti di intermediazione. Entro il mese successivo alla sottoscrizione del Patto di Attivazione Digitale, il nucleo inizia a ricevere il beneficio economico, che viene sospeso se i beneficiari non si presentano per il primo appuntamento ai Servizi Sociali entro 120 giorni e successivamente, ogni 90 giorni, per l’aggiornamento della loro posizione. I servizi sociali effettuano una valutazione multidimensionale, svolta da un equipe multidisciplinare finalizzata alla sottoscrizione di un Patto per l’Inclusione.
Nell’ambito di tale valutazione, i componenti del nucleo familiare di età compresa tra 18 e 59 anni, attivabili al lavoro vengono avviati ai centri per l’impiego ovvero presso i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro, per la sottoscrizione del Patto di Servizio Personalizzato. I componenti del nucleo con obblighi genitoriali che non siano già occupati o frequentanti un corso di formazione e non abbiano carichi di cura, sono obbligati a tale percorso. I componenti il nucleo tra i 18 e 59 anni, non inclusi nella scala di equivalenza possono presentare domanda di SFL. I componenti il nucleo con disabilità, o di età superiore a sessanta anni o inseriti in percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, possono richiedere l’adesione volontaria a un percorso personalizzato di inserimento lavorativo o di inclusione sociale».