Il Covid frena i viaggi di cura. Ma oltre 3 miliardi sono andati dal Sud a Nord

La mappa della Fondazione Gimbe. Sono 3 le Regioni con maggiore indice di fuga mentre mancano i dati sulla Calabria

ROMA – La pandemia ha frenato, ma non interrotto, gli spostamenti degli italiani per curarsi. Nonostante il calo dovuto all’emergenza Covid nel 2020 la ‘migrazione’ per cure verso regioni diverse da quelle della propria residenza, ha raggiunto un valore di 3,3 miliardi, con un flusso che scorre da Sud verso Nord. A mappare i viaggi fatti per le cure, è la Fondazione Gimbe che mette in guardia verso un “fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali etiche ed economiche, che riflette le grandi diseguaglianze nell’offerta di servizi sanitari tra Regioni”.

Intanto, a tre anni dall’inizio della pandemia, l’Italia ne conta le vittime, che hanno superato ormai le 187.000 e, in vista della Giornata Nazionale a loro dedicata, il 18 marzo, il ministro della Salute Orazio Schillaci lancia un appello a rilanciare la sanità pubblica. Da chi migra per ricevere cure oncologiche o per le malattie rare, passando per chi sceglie di farlo per interventi chirurgici, le tre regioni che hanno maggiore capacità di attrarre pazienti sono anche quelle che garantiscono meglio i Livelli essenziali di assistenza (Lea).

Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto raccolgono, insieme, quasi la metà della mobilità attiva, rispettivamente con il 20%, 16,5% e 13%. Un ulteriore 21% viene attratto dalla triade Lazio (8%), Piemonte (7%) e Toscana (5%). Quanto alla mobilità passiva, 3 Regioni con maggiore indice di fuga generano debiti per oltre 300 milioni di euro: in testa Lazio (14%), Lombardia (11%) e Campania (10%), mentre mancano i dati sulla Calabria.

I ‘viaggi della speranza’

Ad esempio per i ‘viaggi della speranza’ la Sardegna sconta un saldo negativo di 57,6 milioni di euro, che consiste nella differenza tra quanto speso per curare malati arrivati da altre regioni e quanto speso per far curare i pazienti sardi fuori dell’Isola. Lo stesso saldo, in Veneto è stato positivo per un valore di 165 milioni; in Puglia, invece è stato negativo per 124 milioni e in Sicilia per 173 milioni.

“I flussi economici della mobilità sanitaria – commenta Nino Cartabellotta, presidente del Gimbe – scorrono prevalentemente da Sud a Nord, in particolare verso le Regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi con il Governo per la richiesta di autonomia differenziata”.

Quanto al tipo di cure per cui ci si sposta: l’85,8% sono ricoveri ordinari, il 69% ricoveri in day hospital, il 16% visite o esami specialistici. Oltre la metà del valore è erogata da strutture private: 1.422 milioni (53%), rispetto ai 1.279 milioni (47%) di quelle fornite da ospedali pubblici e questo, per Cartabellotta, segna “un ulteriore segnale d’indebolimento della sanità pubblica”.

Non bisogna dimenticare, inoltre, “che è impossibile stimare l’impatto economico complessivo della mobilità sanitaria, perché include anche i costi sostenuti da pazienti e familiari per gli spostamenti e l’alloggio”. Senza tralasciare l’impatto psicologico dello stare lontani da casa.

Terminata l’emergenza però, “è il momento di guardare al domani e di rilanciare la sanità“, avverte il ministro della Salute, Orazio Schillaci. “La pandemia ha fatto emergere le fragilità accanto alle capacità di risposta” ma “il Covid può e deve rappresentare una occasione di rilancio e rafforzamento della sanità pubblica. È fondamentale investire sul capitale umano del Servizio sanitario nazionale rendendo la sanità pubblica più attrattiva”.

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