LAMEZIA TERME – I Finanzieri di Catanzaro hanno eseguito un’ordinanza di confisca – per un valore di circa 700 mila euro dopo mirati accertamenti patrimoniali relativi a una pregressa indagine di polizia giudiziaria, che ha disvelato e posto fine, al sistema fraudolento che ha condizionato per oltre un decennio le vendite giudiziarie. Gli accertamenti hanno permesso l’individuazione e l’aggressione di un patrimonio illecitamente accumulato nella disponibilità diretta e indiretta del dominus dell’associazione a delinquere, soggetto vicino alle consorterie criminali locali, gravato da numerosi precedenti penali. I beni sono risultati sproporzionati rispetto alla capacità economica lecita.
Le indagini hanno permesso di ricostruire il profilo economico – patrimoniale dei vari soggetti coinvolti in prima persona e/o per l’interposizione fittizia nelle varie disponibilità patrimoniali, individuando acquisizioni di beni immobili quali 5 abitazioni e 2 terreni prive di giustificazioni, per un valore di circa 700 mila euro sui quali l’Autorità Giudiziaria ha disposto la confisca ai sensi del Codice Antimafia. L’importante risultato investigativo rappresenta il completamento dell’azione repressiva sui gravi fatti illeciti che hanno interessato per diverso tempo le Aste giudiziarie del comprensorio lametino.
L’indagine si collega all’inchiesta denominata “Hasta la vista” condotta nell’aprile del 2019 dalla stessa Procura di Lamezia che consentì di stroncare un sistema fraudolento che per oltre un decennio avrebbe condizionato le vendite giudiziarie nella città della Piana. L’inchiesta portò, complessivamente, all’arresto di 12 persone, tra cui titolari di agenzie di affari e servizi, ufficiali giudiziari, avvocati, commercialisti ed imprenditori. La proprietà dei beni confiscati é riconducibile a Raffaele Calidonna, di 60 anni, titolare di fatto di un’agenzia di affari e servizi, accusato di essere stato il “dominus” della presunta organizzazione illecita. Calidonna fu l’unica delle 12 persone arrestate nel 2019 nell’ambito dell’inchiesta per la quale fu disposta la custodia cautelare in carcere, mentre le altre 11 finirono tutte ai domiciliari.