REGGIO CALABRIA – L’Unesco indignata per il degrado dei beni culturali italiani.
Tra le critiche mosse dall’ente emblema della tutela dell’arte e della cultura un posto di rilievo anche per la Calabria non poteva mancare. Dopo aver nuovamente bacchettato il governo e le amministrazioni locali per la grave situazione di incuria in cui sono conservati gli scavi archeologici di Pompei, l’Unesco punta il dito contro Reggio Calabria. Nella città dello Stretto infatti vegetano da diverso tempo in un completo stato di abbandono i Bronzi di Riace tra uffici e archivi. “La situazione dei Bronzi di Riace, – afferma Giovanni Puglisi portavoce italiano dell’ente – abbandonati da oltre 1.290 giorni nella sede del consiglio regionale calabrese a causa del protrarsi dei lavori di restauro del Museo della Magna Grecia è un’assoluta vergogna per l’Italia. Lo è dal punto di vista della cura dei beni culturali e dell’immagine internazionale del nostro Paese. E viene ancora piu’ rabbia se si considera che cio’ accade proprio in una regione come la Calabria dove il turismo dovrebbe essere una primaria risorsa”. Puglisi, Presidente della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco e Rettore dell’Libera Universita’ di Lingue e Comunicazione IULM di Milano, manifesta “rammarico di fronte alle ultime notizie secondo cui le famigerate statue di importanza planetaria, scandalosamente dimenticate da anni in una citta’ come Reggio Calabria che ha un disperato bisogno di sviluppo, torneranno a essere fruibili normalmente dai visitatori solo nella tarda primavera del 2014. Ho molto apprezzato – ha aggiunto Puglisi – l’intervento di ieri del premier Enrico Letta, che ha promesso un’inversione di tendenza nella legge di stabilita’ rispetto ai tagli degli scorsi anni, e auspico che questo nuovo slancio nel considerare i beni culturali come risorsa del Paese parta proprio affrontando l’incresciosa situazione dei Bronzi di Riace”. Intanto Scopelliti ha annunciato nei giorni scorsi che investirà ben 40 milioni di eruo per rilanciare l’immagine dei bronzi che, per ora, stazionano nella sede del consiglio regionale della Calabria.
Il Presidente della Regione Giuseppe Scopelliti – informa una nota dell’Ufficio stampa della Giunta regionale – ha scritto al Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Massimo Bray per chiedere la rimozione dei responsabili dei ritardi relativi alla riapertura del Museo nazionale della Magna Grecia. “Quanto avvenuto in questi anni nella gestione dei lavori del Museo nazionale della Magna Grecia è qualcosa di assurdo. Ritardi su ritardi, tempo preziosissimo perso e soprattutto somme vertiginosamente aumentate. Ad oggi, è questa la realtà, non solo il museo attende la riapertura, ma i nostri tesori non sono fruibili, in particolare i Bronzi di Riace. Questo stato di cose non può passare senza responsabilità. Chi, o coloro i quali, hanno causato ritardi e sprechi di risorse devono pagarne le conseguenze. Ho chiesto, ufficialmente, al Ministro Bray, la rimozione dei responsabili. In tanti, nel corso di questi anni, si sono affrettati nell’analizzare il problema sotti vari punti di vista, ma nessuno ha indicato ruoli e responsabilità per gli inadempienti. Per quanto riguarda le mie competenze da Presidente, ricordo che dopo lunghe pressioni ed incontri con l’ex Ministro Barca, il CIPE ci assegnò 6 milioni di euro, che si aggiungevano ai 5 milioni straordinari della Regione, da noi stanziati, per il completamento dei lavori”. “E pensare che l’iter si avviò nel 2006, con l’ex Ministro Rutelli ed i lavori del Museo si sarebbero dovuti concludere in tempo per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, nel 2011. Da Sindaco di Reggio, quando mi presentarono il progetto, la somma prevista era di 17 milioni di euro. Ad oggi si è arrivati quasi al doppio, con 32 milioni di euro di spese. Oltre alla rimozione dei responsabili per ritardi e sprechi, nella missiva inviata al Ministro Brey – ha concluso Scopelliti – ho chiesto che lo Stato mantenga gli impegni presi con i calabresi e soprattutto indichi tempi certi per la riapertura. Non possiamo più attendere”.