Il premier Renzi ha provato a commentare l’esito del suo ‘Jobs Act’ e i dati dell’Inps sottolineando: «Oltre mezzo milione di posti di lavoro a tempo indeterminato in più nel 2015. Inps dimostra assurdità polemiche su Jobs act #avantitutta».
ROMA – Resta ancora nei suoi ‘mari e monti’ il presidente del Consiglio Matteo Renzi, mentre il quadro esposto dall’Inps è abbastanza chiaro, e racchiude il flop (almeno iniziale) del tanto acclamato Jobs Act: “Nei primi tre mesi, nuovi posti stabili giù del 77% dopo il dimezzamento degli sgravi; assunzioni in calo del 12,9% così come i contratti a tempo indeterminato (-33,4%) e le trasformazioni di altri contratti a tempo determinato (-31,4%). Nel primo trimestre dell’anno, secondo quanto emerso dall’Osservatorio sul precariato diffuso dall’Inps, le assunzioni attivate da datori di lavoro privati complessivamente sono state pari a 1.188.000: in calo di 176.000 unità rispetto al corrispondente periodo del 2015 (-12,9%). In particolare, sono stati stipulati 428.584 contratti a tempo indeterminato mentre le cessazioni, sempre di contratti a tempo indeterminato sono state 377.497 con un saldo positivo di 51.087 unità, dato peggiore del 77% rispetto al saldo positivo di 224.929 contratti stabili dei primi tre mesi 2015.
In calo le assunzioni
Il rallentamento secondo l’Inps, ha riguardato in particolar modo i contratti a tempo indeterminato, pari a -33,4% sul primo trimestre dello scorso anno (in numeri assoluti -162.000), e le trasformazioni di altri contratti in tempo determinato (-31,4%). «Il calo è da ricondurre al forte incremento delle assunzioni a tempo indeterminato registrato nel 2015 – riporta la nota dell’Inps – in corrispondenza dell’introduzione degli incentivi legati all’esonero contributivo triennale». Restano invece sostanzialmente stabili le assunzioni a tempo determinato (-1,7% sul 2015). Quanto alle cessazioni, complessivamente risultano diminuite dell’8,8%; per quelle a tempo indeterminato la riduzione è pari al 5,3%. L’Inps quindi ricorda che con la legge di stabilità 2016 è stata introdotta una nuova forma di incentivo rivolta alle assunzioni a tempo indeterminato e alle trasformazioni di rapporti a termine di lavoratori che, nei sei mesi precedenti, non hanno avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato. La misura dell’agevolazione prevede l’abbattimento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (esclusi i premi Inail) in misura pari al 40% (entro il limite annuo di 3.250 euro) per un biennio. I dati relativi all’effetto della predetta agevolazione saranno resi noti a partire dall’aggiornamento di giugno 2016 dell’Osservatorio sul Precariato.
Voucher che alimentano il precariato
Il ricorso ai voucher è aumentato del 45,6%, rispetto a un aumento del 75,4% del primo trimestre 2015. Le assunzioni con contratto di apprendistato sono state quasi 50mila, stabili rispetto al 2015. I rapporti precari sono aumentati del 22%, i voucher del 45%. L’avanzata dei voucher, i buoni per pagare il lavoro accessorio nel primo trimestre dell’anno ha fato registrare 31,5 milioni di tagliandi, con un incremento del +45,6% rispetto al primo trimestre 2015. Pochi giorni fa, la stessa Inps aveva rivelato come il 37% dei percettori di voucher non ha altri redditi da lavoro, mentre l’85% guadagna meno di mille euro l’anno.
Il dato è peggiore del 77% rispetto al saldo positivo di quasi 225mila contratti stabili dei primi tre mesi 2015. Era andata meglio anche nel 2014, in piena recessione e senza la spinta dell’esonero dai contributi per i contratti stabili: nei primi tre mesi si erano registrati 87mila posti stabili in più. Si conferma così la tendenza negativa partita con l’anno nuovo: a gennaio la flessione delle assunzioni certificata dall’Inps era stata del 39,5%, a febbraio del 33%.
In Calabria la situazione è disastrosa se si pensa ai recenti dati Eurostat. A commentare questi dati ai microfoni di Rlb Radioattiva, Santo Biondo segretario della UIL Calabria che sottolinea: “Non basta il Patto per il Sud siglato da Renzi”
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Calabria terza in Europa… per disoccupazione
In questo contesto i dati Eurostat di un mese addietro fotografano la Calabria quale prima regione italiana con il 65,1%, tra i dieci territori Ue col tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) più elevato nel 2015. La Calabria si colloca in realtà al terzo posto nella classifica Ue. Inoltre, la Calabria, col 22,9%, si conferma anche nel 2015 la regione col tasso di disoccupazione più alto d’Italia (nel 2014 lo era col 23,4%) contro una media Ue del 9,4% e nazionale dell’11,9%. Mentre per la disoccupazione di lunga durata, la maglia nera spetta alla Campania, col 68,5% (lo scorso anno era la Sicilia col 69,3%), contro una media Ue del 48,3% e nazionale del 58,1%.