Confische di ‘capodanno’ colpiti milioni di euro di potenti ‘ndrine intestati a ‘falsi’ imprenditori

“Tutto quello che è frutto di attività illecite deve essere sequestrato per far capire alle cosche che non serve accumulare beni perché ogni cosa finisce nelle nostre mani”. Questo quanto affermato dal procuratore Bombarbieri a seguito delle due operazioni scattate stamane.

 

REGGIO CALABRIA – L’Antimafia di Reggio Calabria ha eseguito un decreto di sequestro e contestuale confisca di beni nei confronti di un imprenditore operante nei settori edilizio, immobiliare e alberghiero, ritenuto funzionale alle attività del clan Aquino, una delle cosche storiche del versante ionico reggino. Il valore del patrimonio, stimato in circa 21 milioni di euro, è costituito da cinque società, centoventidue immobili tra appartamenti, terreni e magazzini nonché vari rapporti finanziari. Tra i beni a cui sono stati apposti i sigilli c’è anche un’antica villa seicentesca a Roccella Ionica intestata all’imprenditore Bruno Verdiglione, 57 anni, di Caulonia, attualmente agli arresti domiciliari in quanto accusato di essere colluso con la famiglia Aquino. La confisca dei beni è stata disposta dopo le indagini economico-patrimoniali della Dia che hanno fatto emergere la vistosa sproporzione tra il patrimonio riconducibile al Verdiglione e la sua capacità reddituale. Tra i beni confiscati appaiono numerosi appartamenti siti in zone residenziali della fascia ionica reggina e a Roma (un pregiato appartamento sulla centralissima via Nomentana), la villa seicentesca di Roccella Ionica di notevole interesse storico-artistico (Villa Alicastro) e due strutture alberghiere site anch’esse in Roccella Ionica.

 

Nei confronti di Verdiglione è stata disposta anche la misura di prevenzione della sorveglianza speciale per la durata di 3 anni e 6 mesi, con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza o di dimora abituale. L’imprenditore è stato coinvolto recentemente in due importanti operazioni coordinate dalla Dda di Reggio Calabria, denominate rispettivamente “Cinque Stelle” e “Metropolis”. Nell’inchiesta ‘Cinque stelle’ è stato rinviato a giudizio per trasferimento fraudolento di valori, aggravato dal metodo mafioso, nonché per essersi prestato a rivestire fittiziamente la titolarità della Coninvest Srl, società proprietaria dell’Hotel Parco dei Principi sito a Roccella Ionica. Nel procedimento ‘Metropolis’ sono stati, invece, contestati all’imprenditore i reati di concorso esterno in associazione mafiosa e di trasferimento fraudolento di valori, anche in questo caso, aggravati dal metodo mafioso. Contemporaneamente beni per 40 milioni di euro sono stati confiscati dai carabinieri e dalla Guardia di finanza di Vibo Valentia nei confronti di esponenti della cosca della ‘ndrangheta dei Tripodi. La confisca, disposta dal tribunale di Vibo Valentia, giunge al termine delle indagini coordinate dal Procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, e dal sostituto Pierpaolo Bruni.

 

Nei confronti di sei esponenti del sodalizio criminale è stata applicata la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. I beni confiscati dalla Guardia di finanza e dai Carabinieri consistono in società, immobili, terreni in Lazio, Lombardia e Calabria, oltre ad automobili ed autocarri. Il gruppo dei Tripodi aveva acquisito in modo diretto ed indiretto la gestione e il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici. Con l’infiltrazione, attraverso società direttamente riconducibili ad alcuni esponenti della cosca od intestate a prestanome, gli esponenti della cosca si erano aggiudicati lavori pubblici lungo la costa vibonese, nel Lazio e nella Lombardia. Agli esponenti della cosca viene contestato anche il reato di usura in danno di alcuni imprenditori ed estorsioni in ad operatori economici, attraverso l’imposizione del pagamento di fatture per prestazioni mai eseguite. Dalle indagini è emerso anche il tentativo di acquisire appalti pubblici nel Lazio. Nel febbraio 2015 il tribunale di Catanzaro ha condannato alcuni esponenti della cosca, così riconosciuta per la prima volta in sede giudiziaria; nel luglio 2015 è stato arrestato il latitante Salvatore Tripodi, trovato dai carabinieri a Zambrone insieme a due fiancheggiatori.

 

“Tutto quello che è frutto di attività illecite deve essere sequestrato per far capire alle cosche che non serve accumulare beni perché ogni cosa finisce nelle nostre mani”. Lo ha detto il procuratore aggiunto vicario della Dda di Catanzaro Giovanni Bombardieri nel corso della conferenza stampa sulla confisca di beni da parte della Guardia di finanza e dei carabinieri alla cosca Tripodi di Vibo Valentia. “La confisca di oggi è l’epilogo di una procedura iniziata tempo fa e ci dà il segno di una continuità dell’attività della Procura che aggredisce le cosche sotto il profilo penale e patrimoniale contemporaneamente. Si tratta di cifre rilevanti – ha aggiunto Bombardieri – che riguardano cespiti immobiliari di aziende dislocate su tutto il territorio italiano. Sono state sequestrate grosse attività economiche che prevalentemente erano intestate a prestanome. È un’operazione che colpisce in pieno una cosca che ha fatto dell’imprenditoria la propria attività operativa”.

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