COSENZA – Segreti di famiglia. Sono quelli che stanno alla base di un processo in corso di svolgimento, a porte chiuse, presso il tribunale cittadino.
Il dibattimento, mira a far luce sulle presunte attenzioni, morbose e ripetute, di un padre nei confronti della figliotetta, (la chiameremo Fabiola, ndr) di appena sei anni. Il via all’inchiesta, nasce alcuni anni e per puro caso. La bimba, infatti, dopo aver passato una settimana con il padre (i genitori da trempo separati) torna in Emilia Romagna, dove la mamma s’è trasferita dopo la separazione. In Emilia abita anche la nonna di Fabiola. Ed è proprio quest’ultima, osservando la nipotina giocare, che s’accorge che qualcosa nel suo angioletto non va. Fabiola, infatti, mentre tiene stretta la sua bambola preferita tra le mani, parla con la sua “Dolly”, dicendole «ti accarezzo la farfallina come fà papà con me, non ti preoccupare non ti faccio male, però non dirlo a nessuno, sennò poi papà ci picchia». La nonna, sentendo le parole di sua nipote, resta sulla porta ferma, immobile e di ghiaccio. Non sà come affrontare l’argomento, non sà come aiutare sua nipote a liberarsi di quel peso. L’anziana vive giorni difficili, l’incredulità di quello che ha sentito le blocca i pensieri e le strozza il cuore in gola, così come la mente non riesce a trovare pace. Mentre si scervella su come fare, il destino decide di darle una mano, o meglio fornire un aiuto alla piccola. Fabiola, infatti, a scuola disegna e colori sui fogli, scene che hanno poco a che fare con una bimba di sei anni. Le maestre si accorgono del problema e fanno scattare l’sos. La mamma e la nonna vengono contattate, per essere messe al corrente di quello che succede. La piccola finisce anche da una neuropsichiatra infantile. Il medico, agendo più da familiare che da specialista in materia, fa parlare la bambina, ne conquista la fiducia e la tranquillizza. Per Fabiola è una liberazione, la bambina, tra le lacrime e i singhiozzi, racconta: «non voglio più andare dal mio papà a Cosenza, lui mi dà i pizzicotti sulla farfallina e mi fa male, altre vole, quando siamo nel lettone, mi abbassa le mutandine e mi sfiora il corpo con le dita e mi dice, però, che non devo dire niente a nessuno, sennò mi picchia». La neuropsichiatra infantile, registra la ragazzina, la ascolta, le spiega che quello che fa suo papà non si fa, e deposita la sua relazione in tribunale. Dove scrive: «che la bambina, ha reso un racconto sereno, nelle cui pieghe non s’intravedono profili di contraddizioni o inverosomiglianze. Insomma i suoi gli incubi di Fabiola, secondo l’esperta, sono reali, proprio come la sua ferma intenzione di non voler passare più nemmeno un’ora con il suo papà. La neuropsichiatra ha ripetuto tutto anche nel corso di un delicato, traumatico incidente probatorio. Su suo suggerimento, e anche su consiglio di altri esperti viene deciso che la bimba non verrà ascoltata in tribunale. E’ per proteggerla, è per aiutarla a rimuovere per quel peso insopportabile, è per farle riconquistare un pò di tranquillità interiore, è anche per evitarle nuovi dolorosi traumi. La mamma e la nonna di Fabiola, costituitesi parte civile, sono assistite dagli avvocati Enzo Belvedere e Giovanni Cirio. Il presunto papà-orco è invece difeso dal penalista Nicola Carratelli.Il processo, come detto, si sta celebrando a porte chiuse davanti alla corte composta dal presidente Giovanni Garofalo, con a latere i giudici Alfredo Cosenza e Giusy Ferrucci. Il pm che sta seguendo l’inchiesta è il sostittuo procuratore della Repubblica Paola Izzo