REGGIO CALABRIA – L’odierna operazione, denominata “Terramala”, giunge ad esito di una complessa attività investigativa che ha portato all’individuazione dei componenti di un gruppo criminale, fortemente radicato all’interno del contesto territoriale dei comuni di San Procopio, Seminara, Sinopoli, ritenuto responsabile di diversi reati, in particolare rapine.
Modalità paramilitari
Le investigazioni hanno consentito di identificare i soggetti della banda responsabili di un assalto al furgone portavalori della Ditta SicurTransport avvenuto nel maggio 2019 tra i Comuni di Melicuccà e San Procopio. Un evento criminale, all’epoca, attuato tramite modalità paramilitari, tipiche di un’imboscata, dietro precisa pianificazione: il blocco della carreggiata con l’abbattimento di alberi, l’uso di passamontagna e vari colpi di armi da fuoco esplosi, comuni e da guerra, quali fucili d’assalto AK-47 Kalashnikov, per arrestare la marcia del furgone. Poi l’utilizzo di autovetture per darsi alla fuga, poi risultate rubate.
In quel frangente vennero sottratti circa 627 mila euro e una pistola in dotazione ad una delle guardie giurate, trovata a seguito del sopralluogo in località “Terramala” presso il comune di Seminara; da qui il nome dell’operazione. A seguire, si è arrivati all’identificazione dei membri della banda, 7 dei quali risultano appunto i destinatari delle misure cautelari di cui 3, vengono indicati gli esecutori materiali dell’assalto al portavalori, oltre ad essere accusati di altri reati verosimilmente funzionali e connessi alla realizzazione di rapine a mano armata.
Soggetti dotati di particolare abilità criminale, capaci di condotte particolarmente violente e spregiudicati nel conseguire i loro intenti. Nella ricerca di quei colpevoli, corrispondenti in parte ai 7 indagati in questione, il presunto capo della banda era riuscito inizialmente a rendersi irreperibile, potendo contare sul supporto di altri membri, fino al dicembre 2019, quando è stato tratto in arresto.
Nel corso dei vari accertamenti, i carabinieri sono inoltre riusciti a reperire e sequestrare, oltre alla pistola della guardia giurata coinvolta nella rapina di maggio 2019, ritrovata con matricola punzonata, diverse armi, munizioni e sostanze stupefacenti, tra cui, un fucile calibro 12, una cartucciera da caccia, svariate munizioni di diverso calibro, 2 kg circa di sostanza stupefacente, presumibilmente marijuana, autovetture e macchinari agricoli rubati e verosimilmente utilizzati per la realizzazione del predetto disegno criminale. Sono emersi inoltre formule e riti riconducibili ad affiliazione ‘ndranghetista, trovati in possesso degli indagati, così come “pizzini” relativi a somme di denaro per un totale di circa 90 mila euro, corrispondenti, secondo l’ipotesi investigativa formulata, alla quota pro capite della spartizione del bottino dell’avvenuta rapina. L’indagine, nel complesso, ha consentito di disarticolare l’intero sodalizio criminale, contribuendo a prevenire simili condotte delittuose in danno di altri cittadini e del loro patrimonio.
Procuratore di Palmi: “la rapina è stata un atto di guerra, lavoro dei carabinieri eccezionale”
“La rapina è stata un vero e proprio atto di guerra perché si è sparato con i kalashnikov e solo la fortuna ha voluto che non ci sia stato spargimento di sangue. Non è escluso che ci sia stato qualcuno che ha dato delle dritte, però siamo a livello di possibilità”. Così il procuratore di Palmi, Emanuele Crescenti ha commentato l’operazione.
Sulla possibilità che dietro la rapina ci possa essere la ‘ndrangheta, Crescenti ha sostenuto che “non abbiamo elementi che ci sia l’intervento della criminalità organizzata, altrimenti avremmo trasmesso gli atti alla Dda di Reggio Calabria. Certo non possiamo escluderlo e non ci sorprenderebbe”.
Francesco Trefiletti principale indagato
I carabinieri hanno ritrovato sette fogli di piccole dimensioni, a righe, riportanti presunti riti di affiliazione alla ‘ndrangheta. Pizzini che si trovavano all’interno di una busta di plastica assieme a numerose lettere manoscritte inviate da Trefiletti alla moglie durante la detenzione nel carcere di Paola (Cs). A uno degli indagati, infine, i carabinieri sono riusciti a sequestrare appunti attraverso i quali è stato possibile ricostruire come è stato spartito il bottino della rapina al portavalori: 90mila euro a testa.