ROMA – Coscienza pulita come il camice che indossa. Cinquemila euro netti al mese dal Servizio Sanitario Nazionale da due anni, per stare sei ore e venti ogni giorno lavorativo senza fare nulla, distaccato dall’Ospedale pubblico Santo di Spririto di Roma nella casa di cura villa Betania.
Dove però l’Azienda ospedaliera, ha chiuso il reparto di chirurgia maxillo-facciale di cui era (e formalmente è ancora) primario. Senza neppure disporne, per decisione della Regione Lazio di pochi giorni fa, la riapertura quando il Tribunale del Lavoro di Roma, nel maggio scorso, ha accolto il ricorso presentato dal medico che si era autodenunciato e aveva ordinato alla Asl competente di Roma di reintegrare a villa Betania i due medici dipendenti della maxillo-facciale, impedendo così la ripresa dell’attività del reparto.,E’ la storia del primario pubblico romano Domenico Scopelliti, 51 anni, calabrese d’origine. «Mi pagano cinquemila euro netti al mese per non fare niente. Nei giorni di servizio l’unica operazione che faccio – ha raccontato sconsolato il chirurgo- è timbrare il cartellino. Mentre nei giorni liberi opero gratis i miei pazienti…».
Ha partecipato come chirurgo a 38 missioni internazionali, vanta un curriculum composto da 40 pagine. Dal 2000 è il primario del reparto di chirurgia maxillofacciale di villa Betania, dependance dell’ospedale Santo Spirito di Roma. Nel marzo scorso è stato anche nominato Capo del Dipartimento di Chirurgia di tutta la Asl romana di competenza dell’ospedale.
La vicenda inizia il 30 settembre 2010 quando Renata Polverini, per arginare il deficit della sanità, decreta la chiusura, tra gli altri, del reparto di Chirurgia maxillo facciale di Villa Betania, diretto da Scopelliti. La struttura fa parte della Asl Roma- E. Il 12 marzo 2011 dopo due proroghe, il reparto termina l’attività. Da quel momento inizia la ‘disoccupazione’ forzata del primario: «Non sono stato più messo in condizioni di lavorare, ma per oltre 8 mesi mi hanno costretto a timbrare il cartellino e rimanere 6 ore e 20 minuti con le braccia conserte».
«E pensare – continua – che in lista d’attesa a Villa Betania c’erano 350 pazienti, la maggior parte giovani (tra i 18 e 30 anni), oltre ai 500 già operati e ancora da seguire. Alcuni sono stati visitati gratuitamente nel proprio studio da Scopelliti, ma tutti gli altri sono finiti nelle liste d’attesa di altri ospedali. Nel maggio 2012 il Tribunale del Lavoro di Roma ha accolto il ricorso di Scopelliti e dei suoi collaboratori contro i trasferimenti, respingendo il reclamo dell’azienda contro la possibile riapertura del reparto. La Regione Lazio ha però nei giorni scorsi invitato la Asl a non procedere al reintegro dei medici nel reparto, onde evitarne la ripresa di attività.