CATANZARO – “Fermiamo le ambulanze“, “Concordiamo tutti insieme un’azione forzata in maniera da inginocchiare il servizio! Ma dobbiamo essere tutti! TUTTI!”. Era questo il tenore dei messaggi che su una chat Whatsapp si scambiavano alcuni medici del 118 di Catanzaro tra la fine del 2019 e i primi mesi del 2020, anche in pieno lockdown per la pandemia da Covid. E per farlo avevano deciso di mettersi in malattia presentando certificati falsi per malattie inesistenti redatti da altri medici compiacenti senza neanche una visita ma dopo una semplice telefonata del collega. Un sistema che è venuto alla luce grazie alla denuncia del dirigente del Servizio 118 che aveva tempestivamente segnalato agli inquirenti le numerose assenze che avevano inevitabili ripercussioni sull’efficienza dell’attività di pronto soccorso. Ed infatti, già nel maggio dello scorso anno 21 medici erano finiti sul registro degli indagati. Ma le indagini condotte dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro-Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Comando provinciale di Catanzaro, coordinate dal procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, dall’aggiunto Giulia Pantano e dal pm Graziella Viscomi, sono andate avanti, anche col sequestro dei telefonini e la scoperta della chat.
Operazione Molière, 13 indagati e 46mila euro sequestrati
E così, stamani, con l’operazione “Molière” altri venti medici sono finiti indagati e a 13 sono stati sequestrati beni per un valore complessivo di 46 mila euro. A scatenare l’assenteismo selvaggio dei medici del 118 catanzarese – 807 giorni di assenza ingiustificata secondo gli investigatori – nel pieno della prima fase della pandemia, era stato l’accordo tra un primo nutrito gruppo per compiere un’autentica ritorsione ai danni dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro dopo la sospensione e il recupero di una indennità che era stata riconosciuta per anni anche in corrispondenza delle ferie decisa dalla Commissione che gestisce l’Asp dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose. Vicenda per la quale i medici del 118 sono scesi in piazza più volte per manifestare contro quella che loro hanno definito una discriminazione rispetto ai colleghi del 118 delle altre province calabresi. Decisa la modalità della ritorsione, i medici hanno messo in atto il loro proposito anche perché, scriveva uno di loro sulla chat, “A nostro vantaggio è da annotare che non possiamo essere sottoposti neppure a visita fiscale”.
Nella chat c’era anche chi esprimeva timori per il Covid: “Continuo a pensare – dice una dottoressa – che l’unico modo per tutelare le bambine è non mettermi in condizioni pericolose perché basta una minchiata e sei fottuto”. E anche quando, nell’ambiente sanitario, era cominciata a circolare la voce di una possibile inchiesta, i medici non manifestarono particolare timore. “È molto difficile dimostrare – scriveva uno di loro – che non siamo malati. Si vocifera che manderanno la finanza a controllare. Sono solo voci, io non mi preoccuperei più di tanto”. Ma le cose non sono andate esattamente così ed adesso sono indagati per truffa e/o falso ideologico.