Tabaccaio ucciso perché si sarebbe ribellato alla cosca, concluse le indagini della Dda

Per gli inquirenti, la vittima era “un semplice e onesto tabaccaio” che, da solo, aveva messo in discussione il ruolo e il prestigio della cosca Tegano di Reggio Calabria

 

REGGIO CALABRIA – La Dda di Reggio Calabria ha concluso le indagini sull’omicidio di Bruno Ielo, l’ex carabiniere che da pensionato gestiva una tabaccheria a Gallico. L’uomo fu freddato il 25 maggio del 2017  mentre rientrava a casa con lo scooter: a sparare un killer da distanza ravvicinata. Ielo, 66 anni, venne ucciso, secondo le indagini, su commissione di un esponente della ‘ndrangheta reggina, per strada e in modo plateale per rappresentare la ‘punizione’ al suo rifiuto di chiudere la tabaccheria che aveva aperto a Gallico.

Il procuratore Giovanni Bombardieri e il sostituto della Dda Stefano Musolino hanno notificato l’avviso di conclusione indagini nei confronti di Franco Polimeni che, pur non avendo mai riportato condanne definitive per associazione mafiosa, è sospettato di essere uno dei vertici della cosca Tegano di Archi. La Direzione distrettuale antimafia contesta l’omicidio anche a Cosimo Scaramozzino, ritenuto l’uomo di fiducia di Polimeni, ed a Francesco Mario Dattilo, accusato di essere stato l’esecutore materiale dell’agguato. Tutti e tre gli imputati sono accusati di estorsione e illecita concorrenza con minaccia per aver compiuto “atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere Ielo e la figlia a chiudere, o comunque, diminuire il volume di affari della rivendita”.

Questo reato è contestato anche a Giuseppe Antonio Giaramita, il complice che assieme a Dattilo e a Polimeni, risponde pure della rapina subita alcuni mesi prima dal tabaccaio (8 novembre 2016) che, in quell’occasione, fu ferito gravemente con un colpo di pistola in bocca. A sparargli, stando all’impianto accusatorio, sarebbe stato proprio Giaramita. Rita Polimeni e suo padre Franco, infine, sono accusati di intestazione fittizia per la gestione della tabaccheria che l’imputato aveva intestato alla figlia. Cognato del boss Pasquale Tegano, infatti, Polimeni aveva la sua attività commerciale a poche centinaia di metri da quella di Bruno Ielo che più volte era stato avvertito di chiudere.

Per gli inquirenti, la vittima era “un semplice e onesto tabaccaio” che, da solo, aveva messo in discussione il ruolo e il prestigio della cosca Tegano. Nonostante le minacce, l’ex carabiniere non aveva mai abbassato la testa davanti a Franco Polimeni. Fino a quando non è stato ucciso con due colpi di pistola mentre rientrava a casa a bordo di uno scooter.

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