ROMA – Chi voleva lavorare doveva pagare una tangente.
Le ditte che si aggiudicavano appalti nella fascia ionica reggina, in particoalre tra Siderno e Marina di Gioiosa Ionica, erano costrette a pagare il 3% in più sul valore dei lavori, alla ‘ndrangheta calabrese. E’ quanto emerso dall’inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria e condotta dallo Sco di Roma e dalla squadra mobile reggina, che ha portato all’arresto, questa mattina, di 29 tra presunti boss e gregari delle cosche Commisso di Siderno ed Aquino di Marina di Gioiosa Ionica. L’operazione ha colpito anche alcune cosche minori collegate alle due principali e operanti ad Antonimina e Natile di Careri. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa ed estorsione. Tra gli appalti sui quali le ‘ndrine imponevano il pizzo, anche quelli relativi alla messa in sicurezza di una scuola e alla costruzione di una diga. La tangente calava un pò di valore se le imprese che si aggiudicavano i lavori erano considerate “amiche” dagli uomini della ‘ndrangheta. Estorsioni ad alto livello dunque, e infiltrazioni nell’aggiudicazione di appalti. Gli uomini dello Sco e della squadra mobile di Reggio Calabria, guidati da Andrea Grassi e Gennaro Semeraro, hanno rilevato importanti infiltrazioni della ‘Ndrangheta nell’economia legale. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip di Reggio, su richiesta della Dda. I particolari dell’inchiesta saranno resi noti in una conferenza stampa che si terrà alle 11, presso la questura di Reggio Calabria alla quale prenderanno parte il procuratore capo di Reggio, Federico Cafiero De Rao, il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, il direttore del Servizio centrale operativo, Raffaele Grassi e il questore, Guido Longo. L’inchiesta di oggi, è il proseguimento di un’altra operazione contro la ‘Ndrangheta che nel 2010 portò in carcere 300 persone tra Calabria e Lombardia.
Coinvolto un esponente politico
Tra gli arrestati nell’operazione di oggi contro le cosche Commisso e Aquino c’è anche l’ex presidente del Consiglio comunale di Siderno, Antonio Macrì, del Pdl, accusato di associazione mafiosa. Secondo gli investigatori avrebbe chiesto sostegno elettorale alla cosca Commisso sia per l’elezione al Comune sia per le regionali del 2010 alle quali però, poi non si presentò. Il comune di Siderno è stato sciolto per infiltrazioni mafiose nel marzo 2013.
I nomi degli arrestati
Sono 27 le persone finite in manette, una delle quali ai domiciliari, nell’ambito dell’operazione denominata “La morsa sugli appalti pubblici” (due persone risultano irreperibili perchè da tempo trasferite all’estero, nei cui confronti sono state già attivate le procedure internazionali per la loro cattura). L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata notificata a:
Salvatore Aquino, di 70 anni;
Domenico Archinà (43);
Rocco Carlo Archinà (78);
Leonardo Capogreco (38), genero di Giuseppe Commisso detto “Il Mastro”;
Tommaso Rocco Caracciolo (83), detto “Mico”;
Vincenzo Cataldo (68);
Antonio Coluccio (45);
Giuseppe Commisso (67), detto “Il Mastro”, già detenuto;
Pietro Commisso (82), detto “Quaglia”;
Antonio Cordì (27);
Francesco Ferraro (47), detto “Mulinu”;
Antonio Filippone (60);
Antonio Futia (56), già detenuto;
Antonio Pietro Ietto (58);
Antonio Macrì (57);
Marco Macrì (42);
Salvatore Macrì (65);
Fortunato Monteleone La Rosa (63), detto “Nato”;
Carmelo Muià (42), già detenuto;
Nicola Nesci (64), già detenuto;
Domenico Richichi (54);
Vincenzo Tavernese (64);
Mario Ursini (64), già detenuto;
Cosimo Correale (30), detto “Zorro”;
Domenico Antonio Versace (60).
Ai domiciliari è stato posto, con l’accusa di violazione della legge sulle armi, Giuseppe Cherubino (30), detto “Popi”.