COSENZA – Lo Stato rende omaggio alla donna coraggio. Di Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia, sparita misteriosamente nel nulla, si era smesso di parlare da tempo. I magistrati della Dda di Milano, però, non hanno mai smesso di cercarla. L’ipotesi che nel corso di questi lunghi anni si era
fatta strada negli ambienti investigativi era che la donna, come stabilisce la macabra legge del tribunale della ‘ndrangheta, fosse stata cancellata nell’acido per far sparire ogni traccia. Ma oggi la costanza e l’impegno degli inquirenti e della magistratura sono stati premiati. C’è stata, infatti, la svolta nelle indagini sulla morte e la sparizione della collaboratricedi giustizia, per il cui omicidio sono state condannate sei persone, fra cui l’ex marito e l’ex fidanzato della figlia. Il corpo della donna sarebbe stato ritrovato carbonizzato in un campo della Brianza e non sarebbe stato sciolto nell’acido come per lungo tempo ipotizzato. Insieme al corpo della donna sono stati ritrovati alcuni oggetti che ne rivelerebbero l’identità, ma per la certezza definitiva si attende ora l’esame del Dna.
La morte di Lea Garofalo – A marzo i sei indagati per la morte di Lea Garofalo erano stati tutti condannati all’ergastolo. Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti la donna era stata fatta arrivare dal marito dalla Calabria a Milano assieme alla figlia 17enne, Denise, con la scusa di dover parlare del futuro della ragazza. La giovane era poi stata fatta allontanare dalla madre con una scusa: l’appuntamento per ritrovarsi doveva essere alle 23 alla stazione Centrale, dove avrebbero dovuto prendere un treno per tornare a casa. Lea Garofalo però non arrivò mai: nel frattempo era stata infatti rapita dal marito aiutato dagli altri indagati, torturata per farle dire cosa aveva raccontato alla polizia e poi uccisa. Il suo corpo non era ancora mai stato ritrovato, tanto che gli inquirenti avevano ipotizzato che fosse stato sciolto nell’acido.