Accusato di corruzione dall’inchiesta della guarda di Finanza, il presidente della corte d’appello di Catanzaro ha risposto a tutte le domande del Gip fornendo la sua versione dei fatti. Interrogatorio di garanzia anche per l’ex consigliere Giuseppe Tursi Prato
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CATANZARO – È durato quasi quattro ore l’interrogatorio di garanzia del giudice Marco Petrini, arrestato mercoledì scorso con l’accusa di corruzione dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Salerno, competente sui procedimenti riguardanti magistrati del Distretto di Corte d’appello di Catanzaro (l’inchiesta avviata nel 2018 dalla Procura di Catanzaro è poi passata, per competenza, alla quella campana proprio perché tra le persone indagate figurava il magistrato). Petrini, presidente della seconda Sezione penale della Corte d’appello di Catanzaro e della Commissione provinciale tributaria, in più occasioni, secondo l’accusa, avrebbe accettato somme di denaro contante, oggetti preziosi e prestazioni sessuali in cambio di suoi “interventi” in processi penali, civili e in cause tributarie. Con lui sono finiti in manette altre sette persone, si tratta di Vincenzo Arcuri, Giuseppe Caligiuri, Marzia Tassone (avvocato del foro di Catanzaro), Luigi Falzetta, Emilio Santoro (ex dirigente dell’Azienda ospedaliera di Cosenza), Giuseppe Tursi Prato (ex consigliere regionale), Francesco Saraco (avvocato del foro di Locri, ai domiciliari). Nel corso della perquisizione in casa di Petrini i finanzieri hanno rinvenuto in una busta 7 mila euro in contanti.
Difeso dagli avvocati Agostino De Caro e Ramona Gualtieri, Petrini ha risposto a tutte le domande del Gip di Salerno, fornendo la propria versione riguardo gli addebiti contestatigli precisando come, per una vicenda giudiziaria in cui gli si contesta di essere legato ad un avvocato di Catanzaro che sarebbe stato favorito in forza di un intreccio illecito tra i due, sono stati irrogati tre ergastoli quando in primo grado i due imputati avevano avuto trent’anni ed uno era stato assolto. Ha spiegato le ragioni per cui si trovava con quei soldi in contanti di cui ai filmati effettuati nel corso delle indagini, perché frutto di un prestito documentato, peraltro, da un’intercettazione depositata in atti. Ha obiettato come nessun provvedimento da lui adottato può essere a lui addebitato come illecito. Ha replicato alla contestazione di non avere ammesso l’esame di un pentito in forza di un rapporto con un’avvocatessa, che in quel processo furono ammessi altri cinque pentiti e che quel pentito era stato citato a rispondere per fatti che nulla avevano a che vedere con quello in corso di giudizio. Ha poi aggiunto che in ogni caso quel processo si concludeva con una sentenza di condanna.
A Salerno, si è svolto anche l’interrogatorio di garanzia dell’ex consigliere regionale Giuseppe Tursi Prato, anch’egli arrestato con l’accusa di corruzione nell’ambito della stessa operazione in cui è coinvolto il giudice Petrini. Secondo l’accusa, Tursi Prato avrebbe corrotto il giudice al fine di riottenere il vitalizio che aveva perso a causa di una condanna a sei anni di reclusione, comminatagli nel 2004, con interdizione perpetua dai pubblici uffici, per concorso esterno in associazione mafiosa. Difeso dall’avvocato Franz Caruso, Tursi Prato ha risposto per circa un’ora alle domande del Gip in merito alle varie contestazioni di corruzione di cui è accusato.