“Una giornata storica, importante per la Calabria e non solo”. “Alcuni indagati, in particolare alcuni boss – ha detto Gratteri – sapevano che l’operazione sarebbe scattata domani e noi l’abbiamo anticipata di 24 ore”.
CATANZARO – E’ il giorno del procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, e di tutto l’apparato investigativo e giudiziario che ha consentito oggi, di sferrare un colpo durissimo ai clan del Vibonese e a tutti quei personaggi finiti in qualche modo, per il ruolo imprenditoriale, politico o criminale, in rapporti con le potenti cosche facenti riferimento ai Mancuso di Limbadi. “Oggi è una giornata storica – dice Gratteri – e non è una frase fatta; è il modesto pensiero di un uomo di 61 anni che ha dedicato 30 anni del suo lavoro a questa terra”.
L’indagine è nata il 16 maggio 2016 quando mi sono insediato. Per me era importante avere unità, strategia, un progetto, un sogno, una rivoluzione ed è quello che ho pensato il primo giorno dal mio insediamento ovvero ‘smontare la Calabria come un Lego e poi rimontarla piano piano’, partendo dall’ufficio, dagli uomini, dai mezzi, cambiando persino le posizioni delle stanze”. “Quando il pomeriggio del 16 maggio ho detto a tutti di voler fare questo e di dare questa impronta alla Procura distrettuale di Catanaro mi hano guardato come un marziano, ma io li ho contagiati, li ho infettati. E il giorno dopo, il 17 maggio eravamo con il collega Falvo a Rebibbia per interrogare Mantella: siamo partiti da quella traccia. Il coordinatore dell’indagine è stato Giovanni Bombardieri, magistrato di grande livello, poi il lavoro è montato e lievitato come un panettone. Tutti i colleghi che si sono occupati dell’inchiesta hanno partecipato con grande entusiasmo e grande serietà”
“Numericamente è la seconda dopo il primo maxiprocesso di Palermo di Falcone e Borsellino. L’epicentro è a Vibo, la famiglia dei Limbadi ma ci sono stati arresti in tutta Italia. Politici coinvolti, avvocati, commercialisti, funzionari pubblici, cancellieri del Tribunale, è tutta gente che aveva un lavoro non aveva bisogno di mettersi al servizio dell’ndrangheta. Le cosche non sono in grado di fare riciclaggio sofisticato – ha concluso Gratteri – per farlo ha bisogno di professionisti i quali si sono messi a disposizione”.
L’operazione? “Doveva scattare domani, i boss già sapevano tutto”
“Alcune delle persone coinvolte nell’operazione sapevano del blitz e siamo stati costretti ad anticiparlo di 24 ore: doveva scattare domani”. Ed è un altro dettaglio svelato da Nicola Gratteri: “Alcuni indagati, in particolare alcuni boss – ha detto Gratteri – sapevano che l’operazione sarebbe scattata domani, quindi abbiamo dovuto anticipare di 24 ore il blitz e questo ha comportato un serio problema, perché non è facile spostare 3.000 carabinieri”. “Fare questo miracolo è stato possibile solo grazie a tremila uomini che si sono mossi in tutta Italia, non solo in Calabria, contemporaneamente allo stesso minuto ma 24 ore prima”.
Indagini durate anni: “non è stata una passeggiata – dice Gratteri – ma è stato ancora più difficile da subito contenere la fuga di notizie. Per questo, quando la richiesta di misura catulare è arrivata al Gip abbiamo ‘ballato’ per un anno”. Poi un affondo: “Questo vale anche per chi ama denigrare il mio ufficio e l’Arma dei carabinieri e le forze dell’ordine: questo siamo stati capaci di fare”.