Salvare i precari per salvare il diritto alla salute fuori dalle logiche del profitto

Dopo i licenziamenti degli Operatori Socio Sanitari ‘a casa’ altri 1.000 lavoratori tra medici ed infermieri

 

COSENZA  – «Dopo anni di tagli indiscriminati, il sistema sanitario calabrese si contrae. Il servizio pubblico  – denuncia in una nota il sindacato USB – non riesce a liberare risorse e offrire servizi adeguati. I tagli al personale che si stanno registrando in tutte le 5 ASP Calabresi (nota la querelle degli OSS licenziati) e i prossimi licenziamenti che si verificheranno tra qualche mese (circa 1000 precari), aggraveranno ulteriormente la situazione fino a decretarne il collasso. Dopo anni di contratti rinnovati mese per mese, quasi 1000 tra medici ed infermieri formatisi nelle corsie degli ospedali, verranno buttati in mezzo ad una strada. La carenza cronica di personale (aggravata dai blocchi del turnover e delle procedure concorsuali) rischia di far esplodere una condizione che ha raggiunto limiti di insicurezze per tutto il sistema sanitario.

 

 

I primi effetti di questa condizione si ravvisano nel blocco dell’attività chirurgica di elezione degli Spoke di Cetraro-Paola, Corigliano-Rossano e Castrovillari e chiusura dei punti nascita di Cetraro. Tutto ciò si ripercuote sul servizio 118 deputato all’intervento di emergenza-urgenza utilizzato per far fronte ai disservizi degli ospedali periferici e impegnato costantemente nel trasporto dei pazienti da un ospedale ad un altro per mancanza dei servizi minimi in questi ultimi (Tac, ortopedia, psichiatria, gastroenterologia). Questi sono solo alcuni degli esempi della condizione della sanità in Calabria, peggiorata ulteriormente dagli effetti del cosiddetto Decreto Calabria.

 

 

Mentre in altre Regioni si corre ai ripari con interventi di risanamento, che pur non avendo effetti immediati dimostrano almeno una capacità di programmazione da parte delle ASP, da noi invece si gioca al rimpallo delle responsabilità, tra tecnici, politici e commissari, tra vecchi governanti e quelli attuali, in uno scaricabarile perpetuo dove la colpa è sempre di chi è venuto prima, dimenticando o facendo finta di dimenticare che sono sempre le stesse cricche politiche a governare questa regione negli ultimi decenni. Di fatto sono anni che ci costringono in questa drammatica situazione con servizi al collasso, presidi sanitari chiusi, quelli aperti malfunzionanti, farmaci salvavita che mancano, kit per i laboratori che scarseggiano.

 

 

In questo circolo vizioso aumenta il fenomeno della migrazione extra regionale, dei viaggi della speranza per curarsi al nord e dell’aumento del debito nei confronti delle altre regioni. La paventata dichiarazione di dissesto dell’ASP di Cosenza (la più grande del Paese che assiste circa 750 mila persone distribuite in 150 comuni), l’assenza di personale necessario al mantenimento dei servizi non potranno che produrre un ulteriore arretramento della già compromessa tutela della salute dei cosentini. La proroga del contratto di lavoro per questi mille lavoratori, la loro stabilizzazione ed internalizzazione, diventano condizioni indispensabili per evitare che professionalità formatisi nel tempo e dopo anni di lavoro e sacrifici, vadano dispersi determinando un ulteriore danno per le già precarie sorti della nostra sanità.

 

 

Fino a quando la sanità in Calabria sarà affidata alla gestione di presunti tecnici al soldo dei politici, fino a quando la logica a guida del servizio di assistenza sanitaria sarà quella della massimizzazione dei profitti, fino a quando si procederà con lo smantellamento del sistema sanitario pubblico a favore delle concessioni ai privati quello che si determinerà sarà solo un ulteriore e progressivo aggravamento della già drammatica condizione sanitaria. È giunta l’ora di alzare la testa, di coniugare le rivendicazioni dei lavoratori della sanità che rischiano di essere buttati in mezzo ad una strada, con quelle dei cittadini che dal progressivo smantellamento della sanità pubblica, a favore di quella privata, rischiano solo di vedersi negato il diritto alla cure che ancora nel nostro pese è un diritto costituzionalmente garantito al di la delle differenze economiche e sociali».

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